Secondo libro dei Maccabei

Raccolta di preghiere e testi religiosi d’Autore, a cura di miriam bolfissimo
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Secondo libro dei Maccabei

Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 09, 2008 10:51 am

      • Maccabei 2 - Capitolo 6
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  • Introduzione dei culti pagani
[1]Non molto tempo dopo, il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle patrie leggi e a non governarsi più secondo le leggi divine, [2]inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizim invece a Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo. [3]Grave e intollerabile per tutti era il dilagare del male. [4]Il tempio infatti fu pieno di dissolutezze e gozzoviglie da parte dei pagani, che gavazzavano con le prostitute ed entro i sacri portici si univano a donne e vi introducevano le cose più sconvenienti. [5]L'altare era colmo di cose detestabili, vietate dalle leggi. [6]Non era più possibile né osservare il sabato, né celebrare le feste tradizionali, né fare aperta professione di giudaismo. [7]Si era trascinati con aspra violenza ogni mese nel giorno natalizio del re ad assistere al sacrificio; quando ricorrevano le feste dionisiache, si era costretti a sfilare coronati di edera in onore di Dioniso. [8]Fu emanato poi un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa dei cittadini di Tolemàide, perché anch'esse seguissero le stesse disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei sacrifici [9]e mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle usanze greche. Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse. [10]Furono denunziate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli: appesero i loro bambini alle loro mammelle e dopo averle condotte in giro pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura. [11]Altri che si erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il sabato, denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi avevano ripugnanza a difendersi per il rispetto a quel giorno santissimo.

  • Carattere provvidenziale della persecuzione

[12]Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di considerare che i castighi non vengono per la distruzione ma per la correzione del nostro popolo. [13]E veramene il fatto che agli empi è data libertà per poco tempo, e subito incappano nei castighi, è segno di grande benevolenza. [14]Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con gli altri popoli, attendendo pazientemente il tempo di punirli, quando siano giunti al colmo dei loro peccati; [15]e questo per non dovere alla fine punirci quando fossimo giunti all'estremo delle nostre colpe. [16]Perciò egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo. [17]Questo sia detto come verità da ricordare. Dopo questa breve parentesi torniamo alla narrazione.

  • Il martirio di Eleazaro

[18]Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo gia avanti negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e ad ingoiare carne suina. [19]Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio, [20]sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di sopravvivere. [21]Coloro che erano incaricati dell'illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare la porzione delle carni sacrificate imposta dal re, [22]perché, agendo a questo modo, avrebbe sfuggito la morte e approfittato di questo atto di clemenza in nome dell'antica amicizia che aveva con loro. [23]Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia a cui si aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, e degno specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte. [24]«Non è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi stranieri, [25]a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia. [26]Infatti anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani dell'Onnipontente. [27]Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età [28]e lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio. [29]Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione, ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate fossero una pazzia. [30]Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: «Il Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell'anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». [31]In tal modo egli morì, lasciando non solo ai giovani ma alla grande maggioranza del popolo la sua morte come esempio di generosità e ricordo di fortezza.



      • Maccabei 2 - Capitolo 7
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  • Il martirio dei sette fratelli

[1]Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni suine proibite. [2]Uno di essi, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi di indagare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le patrie leggi». [3]Allora il re irritato comandò di mettere al fuoco padelle e caldaie. [4]Diventate queste subito roventi, il re comandò di tagliare la lingua, di scorticare e tagliare le estremità a quello che era stato loro portavoce, sotto gli occhi degli altri fratelli e della madre. [5]Quando quegli fu mutilato di tutte le membra, comandò di accostarlo al fuoco e di arrostirlo mentre era ancora vivo. Mentre il fumo si spandeva largamente all'intorno della padella, gli altri si esortavano a vicenda con la loro madre a morire da forti, esclamando: [6]«Il Signore Dio ci vede dall'alto e in tutta verità ci dà conforto, precisamente come dichiarò Mosè nel canto della protesta: Egli si muoverà a compassione dei suoi servi». [7]Venuto meno il primo, in egual modo traevano allo scherno il secondo e, strappatagli la pelle del capo con i capelli, gli domandavano: «Sei disposto a mangiare, prima che il tuo corpo venga straziato in ogni suo membro?». [8]Egli rispondendo nella lingua paterna protestava: «No». Perciò anch'egli si ebbe gli stessi tormenti del primo. [9]Giunto all'ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». [10]Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani [11]e disse dignitosamente: «Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo»; [12]così lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza del giovinetto, che non teneva in nessun conto le torture. [13]Fatto morire anche costui, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. [14]Ridotto in fin di vita, egli diceva: «E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita». [15]Subito dopo, fu condotto avanti il quinto e fu torturato. [16]Ma egli, guardando il re, diceva: «Tu hai potere sugli uomini, e sebbene mortale, fai quanto ti piace; ma non credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. [17]Quanto a te, aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la tua discendenza». [18]Dopo di lui presero il sesto; mentre stava per morire, egli disse: «Non illuderti stoltamente; noi soffriamo queste cose per causa nostra, perché abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci succedono cose che muovono a meraviglia. [19]Ma tu non credere di andare impunito dopo aver osato di combattere contro Dio».

[20]La madre era soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. [21]Esortava ciascuno di essi nella lingua paterna, piena di nobili sentimenti e, sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: [22]«Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. [23]Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato alla origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi».

[24]Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quella voce fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l'avrebbe fatto ricco e molto felice se avesse abbandonato gli usi paterni, e che l'avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato cariche. [25]Ma poiché il giovinetto non badava affatto a queste parole il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo. [26]Dopo che il re la ebbe esortata a lungo, essa accettò di persuadere il figlio; [27]chinatasi verso di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua paterna: «Figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. [28]Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano. [29]Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia». [30]Mentre essa finiva di parlare, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. [31]Ma tu, che ti fai autore di tutte le sventure degli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. [32]Per i nostri peccati noi soffriamo. [33]Se per nostro castigo e correzione il Signore vivente si adira per breve tempo con noi, presto si volgerà di nuovo verso i suoi servi. [34]Ma tu, o sacrilego e di tutti gli uomini il più empio, non esaltarti invano, agitando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo; [35]perché non sei ancora al sicuro dal giudizio dell'onnipotente Dio che tutto vede. [36]Gia ora i nostri fratelli, che hanno sopportato breve tormento, hanno conseguito da Dio l'eredità della vita eterna. Tu invece subirai per giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. [37]Anche io, come gia i miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita per le patrie leggi, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu fra dure prove e flagelli debba confessare che egli solo è Dio; [38]con me invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira dell'Onnipotente, giustamente attirata su tutta la nostra stirpe». [39]Il re, divenuto furibondo, si sfogò su costui più cudelmente che sugli altri, sentendosi invelenito dallo scherno. [40]Così anche costui passò all'altra vita puro, confidando pienamente nel Signore. [41]Ultima dopo i figli, anche la madre incontrò la morte.

[42]Ma ora basti quanto s'è esposto circa i pasti sacrificali e le incredibili crudeltà.



      • Maccabei 2 - Capitolo 8
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  • Giuda Maccabeo alla macchia

[1]Intanto Giuda Maccabeo e i suoi compagni, passando di nascosto nei villaggi, invitavano i parenti, raccogliendo in più coloro che erano rimasti fedeli al giudaismo; così misero insieme circa seimila uomini. [2]Alzarono allora suppliche al Signore, perché riguardasse il popolo da tutti calpestato, avesse pietà del tempio profanato da uomini empi, [3]usasse misericordia alla città devastata e prossima ad essere rasa al suolo, porgesse orecchio al sangue che gridava al suo cospetto, [4]non dimenticasse l'iniquo sterminio di fanciulli innocenti e le bestemmie pronunciate contro il suo nome e mostrasse sdegno contro la malvagità. [5]Il Maccabeo, postosi a capo del gruppo, divenne ormai invincibile ai pagani, mentre l'ira del Signore si volgeva in misericordia. [6]Piombando inaspettatamente su città e villaggi, li incendiava e, impadronendosi delle posizioni più opportune, metteva in fuga non pochi dei nemici, [7]scegliendo di preferenza la notte come tempo favorevole a queste incursioni. La fama del suo valore risuonava dovunque.

  • Campagna di Nicanore e di Gorgia

[8]Filippo, osservando che quest'uomo a poco a poco otteneva vantaggio e progrediva continuamente nei successi, scrisse a Tolomeo, stratega della Celesiria e della Fenicia, perché intervenisse a favore degli interessi del re. [9]Quegli incaricò Nicànore, figlio di Pàtroclo, uno dei primi amici del re, e lo inviò, mettendo ai suoi ordini gente d'ogni nazione in numero non inferiore a ventimila, per sterminare totalmente la stirpe dei Giudei. Gli associò anche Gorgia, un generale di professione ed esperto nelle azioni belliche. [10]Nicànore stabilì di pagare il tributo che il re doveva ai Romani, che era di duemila talenti, con la vendita degli schiavi giudei. [11]Anzi spedì senz'altro un avviso alle città della costa, invitandole all'acquisto di schiavi giudei e promettendo di barattare novanta prigionieri per un talento; non immaginava che la vendetta dell'Onnipotente stava per piombare su di lui.

[12]Giuda fu informato della spedizione di Nicànore e annunciò ai suoi uomini la presenza dell'esercito. [13]Allora i paurosi e i diffidenti della giustizia di Dio fuggirono, portandosi lontano dalla zona. [14]Altri vendevano tutte le cose che erano loro rimaste e insieme pregavano il Signore di salvare coloro che l'empio Nicànore aveva venduti prima ancora dello scontro; [15]questo, se non per loro merito, almeno per l'alleanza con i loro padri e per riguardo al suo glorioso nome invocato sopra di loro. [16]Il Maccabeo poi, radunando i suoi uomini in numero di seimila, li esortava a non scoraggiarsi davanti ai nemici, né a lasciarsi prendere da timore di fronte alla moltitudine dei pagani venuti ingiustamente contro di loro, ma a combattere da forti, [17]tenendo davanti agli occhi le violenze da essi empiamente perpetrate contro il luogo santo e lo strazio della città messa a ludibrio e ancora la soppressione dell'ordinamento politico degli antenati. [18]«Costoro - disse - confidano nelle armi e insieme nel loro ardire; noi confidiamo nel Dio onnipotente, capace di abbattere quanti vengono contro di lui e il mondo intero con un sol cenno». [19]Ricordò loro distintamente gli interventi divini al tempo degli antenati, quello avvenuto contro Sennàcherib, quando morirono centottantacinquemila uomini, [20]e quello successo in Babilonia nella battaglia contro i Gàlati, quando vennero nella necessità di battersi, essendo in tutto ottomila insieme con quattromila Macedoni, e mentre i Macedoni soccombevano, gli ottomila sterminarono centoventimila uomini con l'aiuto venuto loro dal Cielo e trassero un grande vantaggio.

[21]Con queste parole li rese coraggiosi e pronti a morire per le leggi e per la patria; poi divise in qualche modo l'esercito in quattro parti; [22]mise al comando di ogni schieramento i suoi fratelli Simone, Giuseppe e Giònata, affidando a ciascuno millecinquecento uomini; [23]fece inoltre leggere da Eleàzaro il libro sacro e, data la parola d'ordine «Aiuto di Dio», postosi a capo del primo reparto, attaccò Nicànore. [24]L'Onnipotente si fece in realtà loro alleato ed essi uccisero più di novemila nemici, ferirono e mutilarono nelle membra la maggior parte dell'esercito di Nicànore e costrinsero tutti a fuggire. [25]S'impadronirono anche del denaro dei mercanti convenuti per acquistarli; inseguirono poi i nemici per un pezzo, ma tornarono indietro impediti dall'ora tarda. [26]Era la vigilia del sabato e per questa ragione non protrassero l'inseguimento. [27]Raccolte le armi dei nemici e tolte loro le spoglie, passarono il sabato benedicendo incessantemente e ringraziando il Signore che li aveva fatti giungere salvi fino a quel giorno, fissandolo per loro come inizio della sua misericordia. [28]Dopo il sabato distribuirono parte delle spoglie ai sinistrati, alle vedove, agli orfani; il resto se lo divisero loro e i loro figli. [29]Compiute queste cose, alzarono insieme preghiere al Signore misericordioso, scongiurandolo di riconciliarsi pienamente con i suoi servi.

  • Sconfitta di Timoteo e Bacchide

[30]Combatterono anche con gli uomini di Timòteo e di Bàcchide, uccidendone più di ventimila, e divennero padroni di alte fortezze e distribuirono le molte spoglie, facendo parti uguali per sé, per i sinistrati, per gli orfani, per le vedove e anche per i vecchi. [31]Raccolte le armi dei nemici, con molta cura riposero il tutto in luoghi opportuni; il resto del bottino lo portarono a Gerusalemme. [32]Uccisero anche l'ufficiale preposto alle guardie di Timòteo, uomo scelleratissimo, che aveva fatto soffrire molto i Giudei. [33]Mentre si celebrava la vittoria in patria, bruciarono coloro che avevano incendiato le sacre porte, compreso Callìstene, che si era rifugiato in una casupola; ricevette così una degna mercede della sua empietà.

  • Fuga e confessione di Nicanore

[34]Il tristissimo Nicànore, colui che aveva convocato mille mercanti per la vendita dei Giudei, [35]umiliato, con l'aiuto di Dio, da coloro che erano da lui ritenuti insignificanti, deposta la splendida veste, fuggiasco come uno schiavo attraverso la campagna e ormai privo di tutto, arrivò ad Antiochia, gia troppo fortunato di essere sopravvissuto alla rovina dell'esercito. [36]Così chi si riprometteva di assicurare il tributo per i Romani con la vendita dei prigionieri in Gerusalemme, confessava ora che i Giudei avevano un difensore, che i Giudei erano per questa ragione invincibili, perché obbedivano alle leggi stabilite da lui.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Secondo libro dei Maccabei

Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 09, 2008 10:53 am

      • Maccabei 2 - Capitolo 9
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  • Fine di Antioco Epifane

[1]Avvenne in quel periodo il ritorno ignominioso di Antioco dalle regioni della Persia. [2]Infatti egli era giunto nella città chiamata Persepoli e si era accinto a depredare il tempio e ad impadronirsi della piazza, ma i cittadini ricorsero in massa alle armi e lo ricacciarono; perciò Antioco, messo in fuga dagli abitanti, dovette ritirarsi vergognosamente. [3]Mentre si trovava presso Ecbàtana, gli giunsero le notizie su ciò che era accaduto a Nicànore e agli uomini di Timòteo. [4]Montato in gran furore, pensava di sfogarsi sui Giudei anche per lo smacco inflittogli da coloro che lo avevano messo in fuga. Perciò diede ordine al cocchiere di compiere il viaggio spingendo i cavalli senza sosta; ma incombeva ormai su di lui il giudizio del Cielo. Così diceva nella sua superbia: «Farò di Gerusalemme un cimitero di Giudei, appena vi sarò giunto». [5]Ma il Signore che tutto vede, il Dio d'Israele, lo colpì con piaga insanabile e invisibile. Aveva appena terminato quella frase, quando lo colpì un insopportabile dolore alle viscere e terribili spasimi intestinali, [6]ben meritati da colui che aveva straziato le viscere altrui con molti e strani generi di tormenti. [7]Ma egli non desisteva affatto dalla sua alterigia, anzi pieno ancora di superbia spirava il fuoco della sua collera contro i Giudei e comandava di accelerare la corsa. Ma gli accadde di cadere dal carro in corsa tumultuosa e per la grave caduta di riportare contusioni in tutte le membra del corpo. [8]Colui che poco prima pensava di comandare ai flutti del mare, arrogandosi di essere un superuomo e di pesare sulla bilancia le cime dei monti, ora gettato a terra doveva farsi portare in lettiga, rendendo a tutti manifesta la potenza di Dio, [9]a tal punto che nel corpo di quell'empio si formavano i vermi e, mentre era ancora vivo, le sue carni fra spasimi e dolori cadevano a brandelli e l'esercito era tutto nauseato dal fetore e dal marciume di lui. [10]Colui che poco prima credeva di toccare gli astri del cielo, ora nessuno poteva sopportarlo per l'intollerabile intensità del fetore. [11]Allora finalmente, malconcio a quel modo, incominciò ad abbassare il colmo della sua superbia e ad avviarsi al ravvedimento per effetto del divino flagello, mentre ad ogni istante era lacerato dai dolori. [12]Non potendo più sopportare il suo proprio fetore, disse: «E' giusto sottomettersi a Dio e non pensare di essere uguale a Dio quando si è mortali!». [13]Quell'empio si mise a pregare quel Signore che ormai non avrebbe più avuto misericordia di lui, e diceva [14]che avrebbe dichiarato libera la città santa, che prima si affrettava a raggiungere per raderla al suolo e farne un cimitero; [15]che avrebbe reso pari agli Ateniesi tutti i Giudei che prima aveva stabilito di non degnare neppure della sepoltura, ma di gettare in pasto alle fiere insieme con i loro bambini; [16]che avrebbe adornato con magnifici doni votivi il sacro tempio, che prima aveva saccheggiato, e avrebbe restituito in maggior numero tutti gli arredi sacri e avrebbe provveduto con le proprie entrate ai contributi fissati per i sacrifici; [17]inoltre che si sarebbe fatto Giudeo e si sarebbe recato in ogni luogo abitato per annunciare la potenza di Dio.

  • Lettera di Antioco ai Giudei
[18]Ma poiché i dolori non diminuivano per nulla - era arrivato infatti su di lui il giusto giudizio di Dio - e disperando ormai di sé, scrisse ai Giudei la lettera che riportiamo qui sotto, nello stile di una supplica, così concepita:

[19]«Ai Giudei, ottimi cittadini, il re e condottiero Antioco augura magnifica salute, benessere e prosperità. [20]Se voi state bene e i figli e le vostre cose procedono secondo il vostro pensiero, io, riponendo le mie speranze nel Cielo, [21]mi ricordo con tenerezza del vostro onore e della vostra benevolenza. Ritornando dalle province della Persia e trovandomi colpito da una malattia insopportabile, ho creduto necessario pensare alla comune sicurezza di tutti. [22]Pur non disperando del mio stato, ma avendo molta fiducia di poter scampare dalla malattia, [23]considerando d'altra parte che anche mio padre, quando aveva intrapreso spedizioni nelle province settentrionali, aveva indicato il successore, [24]perché se accadesse qualche cosa di inaspettato o si diffondesse la notizia di qualche grave incidente, gli abitanti del paese, sapendo in mano a chi era stato lasciato il governo, non si agitassero; [25]e oltre a questo constatando che i sovrani vicini e confinanti con il nostro regno spiano il momento opportuno e attendono gli eventi, ho designato come re mio figlio Antioco, che gia più volte, quando intraprendevo i viaggi nei distretti settentrionali, ho raccomandato e affidato a moltissimi di voi. A lui indirizzo la lettera qui unita. [26]Vi prego dunque e vi scongiuro di ricordarvi dei benefici ricevuti pubblicamente o privatamente e prego ciascuno di conservare la vostra benevolenza verso di me e mio figlio. [27]Ho fiducia che egli si comporterà con voi con moderazione e umanità, secondo le mie direttive».

[28]Quest'omicida e bestemmiatore dunque, soffrendo crudeli tormenti, come li aveva fatti subire agli altri, finì così la sua vita in terra straniera, in una zona montuosa, con una sorte misera. [29]Curò il trasporto della salma Filippo, cresciuto insieme a lui, il quale poi, diffidando del figlio di Antioco, si recò in Egitto presso Tolomeo Filomètore.



      • Maccabei 2 - Capitolo 10
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  • Purificazione del tempio

[1]Il Maccabeo intanto e i suoi uomini, guidati dal Signore, rioccuparono il tempio e la città, [2]distrussero le are innalzate dagli stranieri sulle piazze e i recinti sacri. [3]Purificarono il tempio e vi costruirono un altro altare; poi facendo scintille con le pietre, ne trassero il fuoco e offrirono sacrifici, dopo un'interruzione di due anni; prepararono l'altare degli incensi, le lampade e l'offerta dei pani. [4]Fatto questo, prostrati a terra, supplicarono il Signore, che non li facesse più incorrere in quei mali ma, se mai peccassero ancora, venissero da lui corretti con clemenza, ma non abbandonati in mano a un popolo di barbari e bestemmiatori. [5]La purificazione del tempio avvenne nello stesso giorno in cui gli stranieri l'avevano profanato, il venticinque dello stesso mese, cioè di Casleu. [6]Con gioia passarono otto giorni come nella festa delle Capanne, ricordando come poco tempo prima avevano passato la feste delle Capanne dispersi sui monti e nelle caverne come animali selvatici. [7]Perciò, tenendo in mano bastoni ornati, rami verdi e palme, innalzavano inni a colui che aveva fatto ben riuscire la purificazione del suo proprio tempio. [8]Stabilirono quindi con pubblico decreto e deliberazione per tutto il popolo dei Giudei, che ogni anno si celebrassero questi giorni.

  • Inizio del regno di Antioco Eupatore

[9]Tali furono le vicende riguardanti la morte di Antioco chiamato Epìfane. [10]Ora invece esporremo le cose accadute sotto Antioco Eupàtore, figlio di quell'empio, sunteggiando le principali sventure connesse alle guerre. [11]Costui, dunque, succeduto nel regno, nominò capo degli affari politici un certo Lisia, primo stratega della Celesiria e della Fenicia. [12]Tolomeo, chiamato Macrone, preferendo osservare la giustizia nei riguardi dei Giudei, a causa dei torti che erano stati fatti loro, cercava di svolgere i rapporti con loro pacificamente. [13]Per questo motivo fu accusato dagli amici presso l'Eupàtore ed egli, sentendosi spesso chiamare traditore per aver abbandonato Cipro a lui affidata dal Filomètore ed essere passato dalla parte di Antioco Epìfane, né potendo esercitare con onore la carica, preso il veleno, pose fine alla propria vita.

  • Gorgia e le fortezze idumee

[14]Gorgia, divenuto stratega della regione, assoldava stranieri e teneva viva la guerra contro i Giudei. [15]Insieme con lui anche gli Idumei, che occupavano fortezze strategiche, lottavano contro i Giudei e, dando asilo a tutti i fuorusciti da Gerusalemme, cominciarono a fomentare la guerra. [16]Pertanto gli uomini del Maccabeo, dopo aver innalzato preghiere e supplicato Dio che si facesse loro alleato, mossero contro le fortezze degli Idumei [17]e, attaccandole con energia, si impadronirono delle posizioni, respinsero quelli che combattevano sulle mura e uccisero quanti erano venuti a tiro; ne uccisero così non meno di ventimila. [18]Non meno di novemila tuttavia fuggirono in due torri fortificate a regola d'arte e fornite di tutto l'occorrente per sostenere l'assedio. [19]Allora il Maccabeo, lasciando Simone e Giuseppe e inoltre Zaccheo e i suoi uomini, sufficienti per quell'assedio, si recò in zone più critiche. [20]Ma gli uomini di Simone, vinti dalla prospettiva del guadagno, si lasciarono persuadere per denaro da alcuni che erano nelle torri e, ricevute settantamila dramme, ne lasciarono fuggire alcuni. [21]Quando fu riferito al Maccabeo l'accaduto, radunati i capi del popolo, li accusò di aver venduto per denaro i loro fratelli, dando libertà ai loro nemici. [22]Fece giustiziare coloro che si erano resi colpevoli di tradimento e senza indugio espugnò le due torri. [23]Essendo ben riuscito in tutto con le armi in mano, mise a morte nelle due fortezze più di ventimila uomini.

  • Giuda batte Timoteo e prende Ghezer

[24]Timòteo, che prima aveva perduto di fronte ai Giudei, assoldando ora forze straniere in gran numero e radunando la cavalleria dell'Asia, che non era meno numerosa, avanzò con l'intenzione di soggiogare la Giudea con le armi. [25]Gli uomini del Maccabeo al suo avvicinarsi, si cosparsero il capo di polvere per la preghiera a Dio e, cintisi i fianchi di sacco, [26]si prostrarono sul rialzo davanti all'altare e lo supplicarono che si mostrasse loro propizio e fosse nemico dei loro nemici e avversario dei loro avversari, secondo l'espressione della legge. [27]Terminata la preghiera, presero le armi e uscirono dalla città per un bel tratto. Quando furono vicini ai nemici, si fermarono. [28]Appena spuntata la luce del mattino, iniziò l'attacco dalle due parti, gli uni avendo a garanzia del successo e della vittoria gloriosa la fiducia nel Signore, gli altri ponendo come guida nel conflitto il loro ardire. [29]Accesasi una lotta durissima, apparvero dal cielo ai nemici cinque uomini splendidi su cavalli dalle briglie d'oro, che guidavano i Giudei. [30]Essi presero in mezzo il Maccabeo e, riparandolo con le loro armature, lo rendevano invulnerabile; contro gli avversari invece scagliavano dardi e folgori ed essi, confusi e accecati, si dispersero in preda al disordine. [31]Ne furono uccisi ventimilacinquecento e seicento cavalieri. [32]Lo stesso Timòteo dovette rifugiarsi nella fortezza chiamata Ghezer, ben munita, dove era comandante Chèrea. [33]Ma i soldati del Maccabeo assediarono con entusiasmo la fortezza per quattro giorni. [34]Gli assediati, fidando delle fortificazioni del luogo, bestemmiavano in modo orribile e lanciavano empie frasi. [35]Alle prime luci del quinto giorno, venti giovani del Maccabeo, accesi di sdegno per le bestemmie, prese d'assalto le mura coraggiosamente e con selvaggio furore, travolsero chiunque trovarono. [36]Anche altri, attaccando con una manovra di aggiramento, incendiarono le torri e, accesi dei fuochi, bruciarono vivi i bestemmiatori; altri ancora sfondarono le porte e fatto entrare il resto dell'esercito affrettarono la presa della città. [37]Uccisero Timòteo che si era nascosto in una buca e il fratello di lui Chèrea e Apollòfane. [38]Terminata l'impresa, con canti e inni di riconoscenza benedicevano il Signore che aveva magnificamente favorito Israele e concesso loro la vittoria.



      • Maccabei 2 - Capitolo 11
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  • Prima campagna di Lisia

[1]Dopo brevissimo tempo Lisia, tutore e parente del re e incaricato degli affari di stato, mal sopportando l'accaduto, [2]raccolti circa ottantamila uomini e tutta la cavalleria, mosse contro i Giudei, calcolando di ridurre la città a dimora dei Greci, [3]di imporre tasse al tempio come agli altri edifici di culto dei pagani e di mettere in vendita ogni anno il sommo sacerdozio. [4]Egli non considerava per niente la potenza di Dio, ma si appoggiava sulla potenza di migliaia di fanti, sulle migliaia di cavalli e sugli ottanta elefanti. [5]Entrato nella Giudea e avvicinatosi a Bet-Zur, che era una posizione fortificata distante da Gerusalemme circa venti miglia, la cinse d'assedio. [6]Quando gli uomini del Maccabeo vennero a sapere che quegli assediava le fortezze, tra gemiti e lacrime supplicarono con tutto il popolo il Signore che inviasse il suo angelo buono a salvare Israele. [7]Lo stesso Maccabeo, cingendo per primo le armi, esortò gli altri ad esporsi con lui al pericolo per andare in aiuto dei loro fratelli: tutti insieme partirono con coraggio. [8]Mentre si trovavano ancora vicino a Gerusalemme, apparve come condottiero davanti a loro un cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un'armatura d'oro. [9]Tutti insieme benedissero Dio misericordioso e si sentirono così rafforzati in cuore, che erano pronti ad assalire non solo gli uomini ma anche le bestie più feroci e mura di ferro. [10]Procedevano in ordine, con un alleato venuto dal cielo, per la misericordia che il Signore aveva avuto di loro. [11]Gettatisi come leoni sui nemici, ne stesero al suolo undicimila e milleseicento cavalieri, tutti gli altri li costrinsero a fuggire. [12]Costoro in gran parte riuscirono a salvarsi feriti e spogliati. Anche Lisia per salvarsi fu costretto a fuggire vergognosamente.

  • Pace con gli Ebrei. Quattro lettere riguardanti il trattato
[13]Ma, non privo di intelligenza, pensando alla sconfitta subìta e constatando che gli Ebrei erano invincibili, perché l'onnipotente Dio combatteva al loro fianco, [14]mandò a proporre un accordo su tutto ciò che fosse giusto, assicurando che a questo scopo avrebbe persuaso il re, facendo pressione su di lui perché diventasse loro amico. [15]Il Maccabeo, badando a ciò che più conveniva, acconsentì a tutto quanto Lisia chiedeva. Quanto infatti il Maccabeo aveva presentato a Lisia per iscritto a riguardo dei Giudei, fu accordato dal re. [16]Il contenuto della lettera scritta da Lisia ai Giudei era del seguente tenore:

[17]«Lisia al popolo dei Giudei salute. Giovanni e Assalonne, inviati da voi, ci hanno consegnato la decisione qui sotto riportata e hanno chiesto la ratifica dei punti in essa dichiarati. [18]Quanto era necessario riferire al re, l'ho riferito ed egli ha accordato quanto era accettabile. [19]Se dunque conserverete il vostro buon impegno per gli interessi del regno, procurerò anche in avvenire di esservi causa di favori. [20]Su questi punti e sui particolari ho dato ordine a questi due e ai miei incaricati di trattare con voi. [21]State bene. L'anno centoquarantotto, il ventiquattro del mese di Dioscorinzio».

[22]La lettera del re si esprimeva così:

«Il re Antioco al fratello Lisia salute. [23]Dopo che nostro padre è passato tra gli dei, volendo noi che i cittadini del regno possano tranquillamente attendere ai loro interessi particolari [24]e, avendo sentito che i Giudei, non favorevoli al disegno di ellenizzazione di nostro padre, attaccati invece al loro sistema di vita, chiedono di potersi attenere alle proprie leggi, [25]desiderosi a nostra volta che anche questo popolo sia libero da turbamenti, decretiamo che il tempio sia loro restituito e si governino secondo le tradizioni dei loro antenati. [26]Farai quindi cosa opportuna a inviare loro messaggeri e ad offrire loro la destra perché, conosciuta la nostra decisione, si sentano contenti e riprendano a loro agio la cura delle proprie cose».

[27]La lettera del re indirizzata al popolo era così concepita:

«Il re Antioco al consiglio degli anziani dei Giudei e agli altri Giudei salute. [28]Se state bene, è appunto come noi vogliamo: anche noi godiamo ottima salute. [29]Menelao ci ha rivelato che voi volete tornare a vivere nelle vostre sedi. [30]A quelli che si metteranno in viaggio entro i trenta giorni del mese di Xàntico, sarà garantita sicurezza e facoltà [31]di usare, come Giudei, delle loro regole alimentari e delle loro leggi come prima e nessuno di loro potrà essere molestato da alcuno per le mancanze commesse per ignoranza. [32]Ho anche mandato Menelao per rassicurarvi. [33]State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico».

[34]Anche i Romani inviarono loro questa lettera:

«Quinto Memmio e Tito Manio, legati dei Romani, al popolo dei Giudei salute. [35]Riguardo a ciò che Lisia, parente del re, vi ha accordato, anche noi siamo d'accordo. [36]Riguardo invece a quei punti che egli ha giudicato dover riferire al re, mandate subito uno, dopo aver deliberato tra di voi, perché possiamo esporre le cose in modo conveniente per voi. Noi siamo in viaggio per Antiochia. [37]Mandate dunque in fretta alcuni per farci conoscere di quale parere siete. [38]State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico».
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Secondo libro dei Maccabei

Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 09, 2008 10:55 am

      • Maccabei 2 - Capitolo 12
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  • I fatti di Giaffa e di Iamnia
[1]Conclusi questi accordi, Lisia ritornò presso il re; i Giudei invece si diedero a coltivare la terra. [2]Ma alcuni dei comandanti dei distretti e precisamente Timòteo e Apollonio, figlio di Gennèo, Ierònimo e Demofonte e, oltre questi, Nicànore, il comandante dei mercenari di Cipro, non li lasciavano vivere tranquilli né procedere in pace. [3]Gli abitanti di Giaffa perpetrarono un'empietà di questo genere: invitarono i Giudei che abitavano con loro a salire con le mogli e con i figli su barche allestite da loro, come se non ci fosse alcuna cattiva intenzione a loro riguardo, [4]ma fosse un'iniziativa di tutta la cittadinanza. Essi accettarono, desiderosi di rinsaldare la pace, e lontani da ogni sospetto. Ma quando furono al largo, li fecero affondare in numero non inferiore a duecento. [5]Quando Giuda fu informato di questa crudeltà compiuta contro i suoi connazionali, diede ordine ai suoi uomini [6]e, invocando Dio, giusto giudice, mosse contro gli assassini dei suoi fratelli e nella notte incendiò il porto, bruciò le navi e uccise di spada quanti vi si erano rifugiati. [7]Poi, dato che il luogo era sbarrato, abbandonò l'impresa con l'idea di tornare un'altra volta e sradicare tutta la cittadinanza di Giaffa. [8]Avendo poi appreso che anche i cittadini di Iamnia volevano usare lo stesso sistema con i Giudei che abitavano con loro, [9]piombando di notte sui cittadini di Iamnia, incendiò il porto con la flotta, così che si vedeva il bagliore delle fiamme fino a Gerusalemme, che è distante duecentoquaranta stadi.

  • Spedizione in Galaad

[10]Quando si furono allontanati di là per nove stadi, dirigendosi contro Timòteo, non meno di cinquemila Arabi con cinquecento cavalieri irruppero contro Giuda. [11]Ne nacque una zuffa furiosa, ma gli uomini di Giuda con l'aiuto di Dio ebbero la meglio. I nomadi invece, sopraffatti, supplicarono Giuda che stendesse loro la destra promettendo di cedergli bestiame e di aiutarlo in tutto il resto. [12]Giuda, prevedendo che realmente gli sarebbero stati utili in molte cose, acconsentì a far la pace con loro ed essi, strette le destre, tornarono alle loro tende. [13]Attaccò anche una città difesa da contrafforti, circondata da mura e abitata da gente d'ogni stirpe, chiamata Casfin. [14]Quelli di dentro, sicuri della solidità delle mura e delle riserve di viveri, si mostravano insolenti con gli uomini di Giuda, insultandoli, aggiungendo bestemmie e pronunciando frasi che non è lecito riferire. [15]Ma gli uomini di Giuda, dopo aver invocato il grande Signore del mondo, il quale senza arieti e senza macchine ingegnose aveva fatto cadere Gerico al tempo di Giosuè, assalirono furiosamente le mura. [16]Presa la città per volere di Dio, fecero innumerevoli stragi, cosicché il lago adiacente, largo due stadi, sembrava pieno del sangue che vi colava dentro.

  • La battaglia di Carnion

[17]Allontanatisi di là settecentocinquanta stadi giunsero a Caraca, presso i Giudei chiamati Tubiani; [18]ma da quelle parti non trovarono Timòteo, il quale era gia partito dalla zona, senza aver intrapreso alcuna azione, ma lasciando in un certo luogo un presidio molto forte. [19]Dosìteo e Sosìpatro, due capitani del Maccabeo, in una sortita sterminarono gli uomini di Timòteo lasciati nella fortezza, che erano più di diecimila. [20]Intanto il Maccabeo ordinò il suo esercito dividendolo in reparti, nominò questi al comando dei reparti e mosse contro Timòteo, il quale aveva con sé centoventimila fanti e duemilacinquecento cavalieri. [21]Quando Timòteo seppe dell'arrivo di Giuda, mandò avanti le donne, i fanciulli e tutto il bagaglio nel luogo chiamato Carnion: era questa una posizione inespugnabile e inaccessibile per la strettezza di tutti i passaggi. [22]All'apparire del primo reparto di Giuda, si diffuse tra i nemici il panico e il terrore perché si verificò contro di loro l'apparizione di colui che dall'alto tutto vede, e perciò cominciarono a fuggire precipitandosi chi da una parte chi dall'altra, cosicché spesso erano colpiti dai propri compagni e trafitti dalle punte delle loro spade. [23]Giuda dirigeva l'inseguimento con ogni energia, trafiggendo quegli empi: ne sterminò circa trentamila. [24]Lo stesso Timòteo, caduto in mano agli uomini di Dosìteo e Sosìpatro, supplicava con molta astuzia di essere lasciato sano e salvo, perché tratteneva come ostaggi i genitori di molti di loro e di alcuni i fratelli ai quali sarebbe capitato di essere trattati senza riguardo. [25]Avendo egli con molti discorsi prestato solenne promessa di restituire incolumi gli ostaggi, lo lasciarono libero per la salvezza dei propri fratelli.

[26]Giuda mosse poi contro Carnion e l'Atergatèo e uccise venticinquemila uomini.

  • Ritorno per Efron e Beisan
[27]Dopo la sconfitta e lo sterminio di questi, marciò contro la fortezza di Efron, nella quale era stanziato Lisia con una moltitudine di gente di ogni razza; davanti alle mura erano schierati i giovani più forti e combattevano vigorosamente, mentre nella città stavano pronte molte riserve di macchine e di proiettili. [28]Avendo invocato il Signore che distrugge con la sua potenza le forze dei nemici, i Giudei fecero cadere la città nelle proprie mani e uccisero venticinquemila di coloro che vi stavano dentro. [29]Ritornati di là, mossero verso Beisan, che dista seicento stadi da Gerusalemme. [30]Ma i Giudei che vi abitavano testimoniarono che i cittadini di Beisan avevano dimostrato loro benevolenza e buona comprensione nel tempo della sventura [31]e questi li ringraziarono e li esortarono ad essere ben disposti anche in seguito verso il loro popolo. Poi si recarono a Gerusalemme nell'imminenza della festa delle settimane.

  • Campagna contro Gorgia

[32]Dopo questa festa, chiamata Pentecoste, mossero contro Gorgia, stratega dell'Idumea. [33]Questi avanzò con tremila fanti e quattrocento cavalieri. [34]Schieratisi in combattimento, caddero un piccolo numero di Giudei. [35]Un certo Dosìteo, degli uomini di Bacènore, abile nel cavalcare e valoroso, si attaccò a Gorgia e, afferratolo per la clamide, lo trascinava a gran forza volendo prendere vivo quello scellerato; ma uno dei cavalieri traci si gettò su di lui tagliandogli la spalla e Gorgia potè fuggire a Maresa. [36]Poiché gli uomini di Esdrin combattevano da lungo tempo ed erano stanchi, Giuda supplicò il Signore che si mostrasse loro alleato e guida nella battaglia. [37]Poi, intonato nella lingua paterna il grido di guerra che si accompagnava agli inni, diede un assalto improvviso alle truppe di Gorgia e le mise in fuga.

  • Il sacrificio per i morti

[38]Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollam; poiché si compiva la settimana, si purificarono secondo l'uso e vi passarono il sabato. [39]Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri per deporli con i loro parenti nei sepolcri di famiglia. [40]Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iamnia, che la legge proibisce ai Giudei; fu perciò a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. [41]Perciò tutti, benedicendo l'operato di Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, [42]ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. [43]Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. [44]Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. [45]Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.



      • Maccabei 2 - Capitolo 13
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  • Campagna di Antioco V e di Lisia. Supplizio di Menelao

[1]Nell'anno centoquarantanove giunse notizia agli uomini di Giuda che Antioco Eupàtore muoveva contro la Giudea con numerose truppe; [2]era con lui Lisia, suo tutore e preposto agli affari dello stato, che aveva con sé un esercito greco di centodiecimila fanti, cinquemilatrecento cavalli, ventidue elefanti e trecento carri falcati. [3]A costoro si unì anche Menelao, il quale incoraggiava con molta astuzia Antioco, non per la salvezza della patria, ma per la speranza di essere rimesso al suo posto di comando. [4]Ma il Re dei re eccitò l'ira di Antioco contro quello scellerato e, quando Lisia ebbe additato costui come causa di tutti i mali, diede ordine che fosse condotto a Berèa e messo a morte secondo l'usanza del luogo. [5]Vi è là una torre di cinquanta cubiti piena di cenere. Essa ha un ordigno girevole che da ogni lato fa cadere a precipizio sulla cenere. [6]Di lassù chi è reo di sacrilegio o chi ha raggiunto gli estremi in certi altri delitti, tutti lo spingono alla morte. [7]In tal modo l'empio Menelao incontrò la morte e non trovò terra per la sepoltura; [8]giusto castigo poiché, dopo aver commesso molti delitti attorno all'altare dov'erano il fuoco sacro e la cenere, nella cenere trovò la sua morte.

  • Preghiere e successi dei Giudei presso Modin
[9]Il re avanzava con barbari sentimenti e con l'intenzione di far provare ai Giudei trattamenti peggiori di quelli che avevano subiti sotto suo padre. [10]Quando Giuda seppe queste cose, ordinò al popolo di pregare il Signore giorno e notte, perché, come altre volte, così anche ora aiutasse coloro che erano in pericolo di essere privati della legge, della patria e del tempio santo [11]e non permettesse che il popolo, che aveva appena goduto di un breve respiro, cadesse in mano a quegli infami pagani. [12]Quando ebbero fatto ciò tutti insieme ed ebbero supplicato il Signore misericordioso con gemiti e digiuni e prostrazioni per tre giorni continui, Giuda li esortò e comandò loro di tenersi preparati. [13]Tenuto poi un convegno a parte con gli anziani, decise che si dovesse, con l'aiuto di Dio, risolvere le cose uscendo a battaglia prima che l'esercito entrasse nella Giudea e si impadronisse della città. [14]Affidando poi ogni cura al creatore del mondo, esortò i suoi a combattere da prodi fino alla morte per le leggi, per il tempio, per la città, per la patria, per le loro istituzioni, e pose il campo vicino a Modin. [15]Data ai suoi uomini la parola d'ordine «Vittoria di Dio», con giovani valorosi ben scelti, piombò di notte sulla tenda del re nell'accampamento, uccise circa tremila uomini e trafisse il più grosso degli elefanti insieme con l'uomo che era nella torretta [16]e alla fine riempirono tutto il campo di terrore e confusione; poi se ne tornarono ad impresa ben riuscita. [17]Quando gia spuntava il giorno, la cosa era compiuta, per la protezione del Signore che aveva assistito Giuda.

  • Antioco V tratta con i Giudei

[18]Il re, avuto questo saggio dell'audacia dei Giudei, tentava con l'astuzia la conquista delle posizioni. [19]Così si spingeva contro Bet-Zur, una ben munita fortezza dei Giudei, ma veniva respinto, aveva sfortuna e falliva; [20]mentre Giuda faceva giungere il necessario agli assediati. [21]Intanto Rodoco, appartenente alle file dei Giudei, aveva rivelato i segreti ai nemici: fu ricercato, preso e tolto di mezzo. [22]Il re tornò a trattare con quelli che erano in Bet-Zur, diede e ricevette la destra di pace e se ne andò. Assalì gli uomini di Giuda ma ebbe la peggio. [23]Ricevette poi notizia che Filippo, lasciato in Antiochia a dirigere gli affari, agiva da dissennato e ne rimase sconcertato; invitò i Giudei a trattare, si sottomise, si obbligò con giuramento a rispettare tutte le giuste condizioni, ristabilì l'accordo e offrì un sacrificio, onorò il tempio e beneficò il luogo. [24]Fece accoglienze al Maccabeo e lasciò Egemònide come stratega da Tolemàide fino al paese dei Gerreni. [25]Venne a Tolemàide, ma i cittadini di Tolemàide si mostrarono malcontenti per quegli accordi; erano irritati contro coloro che avevano voluto abolire i loro privilegi. [26]Salì allora sulla tribuna Lisia, fece la sua difesa meglio che potè, li persuase, li calmò, li rese ragionevoli; poi tornò ad Antiochia. Così si svolse la spedizione del re e il suo ritorno.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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Secondo libro dei Maccabei

Messaggio da miriam bolfissimo » gio ott 09, 2008 10:57 am

      • Maccabei 2 - Capitolo 14
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  • Intervento del sommo sacerdote Alcimo
[1]Dopo un periodo di tre anni, venne all'orecchio degli uomini di Giuda che Demetrio, figlio di Selèuco, era sbarcato nel porto di Tripoli con un grande esercito e la flotta [2]e si era impadronito del paese, eliminando Antioco e il suo tutore Lisia. [3]Un certo Alcimo, che era stato prima sommo sacerdote, ma che si era volontariamente contaminato nei giorni della secessione, accorgendosi che per nessun verso si apriva a lui una via di salvezza né ulteriore accesso al sacro altare, [4]andò dal re Demetrio verso l'anno centocinquantuno offrendogli una corona d'oro e una palma oltre ai tradizionali ramoscelli di ulivo del tempio e per quel giorno stette quieto. [5]Ma colse l'occasione favorevole alla sua follia, quando fu chiamato da Demetrio al consiglio e fu interrogato in quale disposizione e mentalità si tenessero i Giudei. A questa richiesta rispose: [6]«I Giudei che si dicono Asidèi, a capo dei quali sta Giuda il Maccabeo, alimentano guerre e ribellioni e non lasciano che il regno trovi la tranquillità. [7]Per questo anch'io, privato della dignità ereditaria, intendo dire del sommo sacerdozio, sono venuto qui, [8]spinto anzitutto da schietta premura per gli interessi del re e dalla preoccupazione della sconsideratezza delle suddette persone, in secondo luogo mirando ai miei concittadini, perché, a causa del disordine della situazione descritta, tutto il nostro popolo viene non poco impoverito. [9]Ora che sai queste cose in particolare, tu, re, provvedi al paese e alla nostra stirpe che va decadendo, con quella cortese benevolenza che hai con tutti. [10]Fin quando Giuda è là, la situazione non può mettersi tranquilla». [11]Dopo queste sue parole, gli altri amici, irritati per i successi di Giuda, si affrettarono a infiammare Demetrio. [12]Questi, designato subito Nicànore, gia a capo degli elefanti, e nominatolo stratega della Giudea, lo inviò [13]con l'ordine di eliminare prima Giuda, di disperdere i suoi uomini e di costituire Alcimo sommo sacerdote del tempio massimo. [14]Allora i pagani della Giudea, che erano fuggiti davanti a Giuda, si univano in massa a Nicànore sapendo che le sfortune e le calamità dei Giudei sarebbero state apportatrici di fortuna per loro.

  • Nicanore fa amicizia con Giuda

[15]Quando seppero della venuta di Nicànore e dell'aggressione dei pagani, i Giudei cosparsi di polvere, elevarono suppliche a colui che ha stabilito il suo popolo per i secoli e che con segni palesi sempre protegge la sua porzione. [16]Poi il comandante, dati gli ordini, mosse rapidamente di là e si scontrò con loro presso il villaggio di Dessau. [17]Simone, fratello di Giuda, aveva gia attaccato Nicànore, ma era rimasto battuto per l'improvvisa comparsa dei nemici. [18]Tuttavia Nicànore, sentendo parlare del valore che avevano gli uomini di Giuda e del loro entusiasmo nelle lotte per la patira, non si arrischiava a decidere la sorte con spargimento di sangue. [19]Per questo mandò Posidonio e Teòdoto e Mattatia a dare e ricevere la destra per la pace. [20]Fu fatto un lungo esame intorno a queste cose e, quando il comandante ne diede comunicazione alle truppe, il parere risultò concorde e accettarono gli accordi. [21]Fissarono il giorno nel quale sarebbero venuti a un incontro privato. Dall'una e dall'altra parte avanzò una lettiga e collocarono dei seggi. [22]Giuda tuttavia dispose degli uomini armati nei luoghi opportuni per paura che si verificasse d'improvviso qualche tradimento da parte dei nemici: così in buon accordo tennero il convegno. [23]Nicànore si trattenne in Gerusalemme e non fece alcun gesto fuori luogo; anzi licenziò le turbe raccogliticce che gli si erano unite. [24]Voleva Giuda sempre alla sua presenza, sentiva un'intima inclinazione per quel prode. [25]L'esortò a sposarsi e ad avere figli; e quegli si sposò, potè mettersi a posto e godere giorni sereni.

  • Alcimo riaccende le ostilità e Nicanore minaccia il tempio
[26]Ma Alcimo, vedendo la loro reciproca simpatia e procuratosi copia degli accordi intercorsi, andò da Demetrio e gli disse che Nicànore seguiva una linea contraria agli interessi dello stato: aveva infatti nominato suo successore Giuda, il sobillatore del regno. [27]Il re, acceso di sdegno e irritato per le calunnie di quel genio malefico, scrisse a Nicànore, dichiarandogli di essere scontento delle alleanze concluse e ordinandogli che gli mandasse subito ad Antiochia il Maccabeo in catene. [28]Nicànore, sopreso da questi ordini, rimase sconcertato e aveva ripugnanza a rompere le alleanze senza che l'uomo avesse commesso alcuna colpa. [29]Ma, poiché non gli era possibile agire contro la volontà del re, cercava l'occasione per effettuare la cosa con qualche stratagemma. [30]Il Maccabeo, notando che Nicànore era più freddo nei rapporti con lui e che nei consueti incontri si comportava con durezza, arguendo che questa freddezza non presagiva niente di buono, raccolti non pochi dei suoi non si fece più vedere da Nicànore. [31]Quest'altro, accortosi di essere stato giocato abilmente da quell'uomo, salito al massimo e santo tempio, mentre i sacerdoti stavano compiendo i sacrifici prescritti, ordinò che gli fosse consegnato l'uomo. [32]I sacerdoti dichiararono con giuramento che non sapevano dove mai fosse il ricercato [33]ma egli, stendendo la destra contro il tempio, giurò: «Se non mi consegnerete Giuda in catene, farò di questa dimora di Dio una piazza pulita, abbatterò dalle fondamenta l'altare e innalzerò qui uno splendido tempio a Dioniso». [34]Dette queste grosse parole, se ne andò. I sacerdoti alzando le mani al cielo, invocarono il protettore sempre vigile del nostro popolo: [35]«Tu, Signore, che di nulla hai bisogno, ti sei compiaciuto di porre il tempio della tua abitazione in mezzo a noi. [36]E ora tu, Santo e Signore di ogni santità, custodisci questa tua casa, appena purificata, per sempre libera da contaminazioni».

  • Morte di Razis

[37]Fu denunziato a Nicànore un certo Razis degli anziani di Gerusalemme, uomo pieno di amore per la città, che godeva grandissima fama e chiamato per la sua benevolenza padre dei Giudei. [38]Egli infatti nei giorni precedenti la rivolta si era attirata l'accusa di giudaismo e realmente per il giudaismo aveva impegnato corpo e anima con piena generosità. [39]Volendo Nicànore far nota a tutti l'ostilità che aveva verso i Giudei, mandò più di cinquecento soldati per arrestarlo; [40]pensava infatti che, prendendo costui, avrebbe arrecato loro un grave colpo. [41]Ma, quando quella truppa stava per occupare la torre e tentava di forzare la porta del cortile e ordinavano di portare il fuoco e di appiccarlo alle porte, egli, accerchiato da ogni lato, si piantò la spada in corpo, [42]preferendo morire nobilmente piuttosto che divenire schiavo degli empi e subire insulti indegni della sua nobiltà. [43]Non avendo però portato a segno il colpo per la fretta della lotta, mentre la folla premeva fuori delle porte, salì coraggiosamente sulle mura e si lasciò cadere a precipizio sulla folla con gesto da prode. [44]Essi lo scansarono immediatamente lasciando uno spazio libero ed egli cadde in mezzo allo spazio vuoto. [45]Poiché respirava ancora, con l'animo infiammato, si alzò, mentre il sangue gli usciva a fiotti e le ferite lo straziavano e, attraversata di corsa la folla, salì su di un tratto di roccia, [46]ormai completamente esague; si trappò gli intestini e prendendoli con le mani li gettò contro la folla; morì in tal modo invocando il Signore della vita e dello spirito perché di nuovo glieli restituisse.



      • Maccabei 2 - Capitolo 15
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  • Bestemmie di Nicanore

[1]Nicànore, avendo saputo che gli uomini di Giuda si trovavano nella regione della Samaria, decise di assalirli a colpo sicuro nel giorno del riposo. [2]Poiché i Giudei che l'avevano seguito forzatamente gli dicevano: «Assolutamente non devi ucciderli in modo così crudele e barbaro; rendi onore al giorno che è stato gia onorato rivestendolo di santità da colui che tutto vede», [3]quell'uomo tre volte scellerato chiese se c'era in cielo un Signore che aveva comandato di celebrare il giorno del sabato. [4]Essi risposero: «Vi è il Signore vivente; egli è il sovrano del cielo, che ha comandato di celebrare il settimo giorno». [5]L'altro ribattè: «E io sono sovrano sulla terra, che comando di prendere le armi e portare a termine le disposizioni del re». Tuttavia non riuscì a mandare ad effetto il suo crudele intento.

  • Esortazione e sogno di Giuda

[6]Nicànore, dunque, alzata la testa con tutta la superbia, aveva decretato di erigere un pubblico trofeo per la vittoria sugli uomini di Giuda. [7]Il Maccabeo invece era costantemente convinto e pienamente fiducioso di trovare protezione da parte del Signore. [8]Esortava i suoi uomini a non temere l'attacco dei pagani, ma a tener fissi in mente gli aiuti che in passato erano venuti loro dal Cielo e ad aspettare ora la vittoria che sarebbe stata loro concessa dall'Onnipotente. [9]Confortandoli così con le parole della legge e dei profeti e ricordando loro le lotte che avevano gia condotte a termine, li rese più coraggiosi. [10]Avendo così stimolato i loro sentimenti, espose e denunziò la malafede dei pagani e la violazione dei giuramenti. [11]Dopo aver armato ciascuno di loro non tanto con la sicurezza degli scudi e delle lance quanto con il conforto delle egrege parole, li riempì di gioia, narrando loro un sogno degno di fede, anzi una vera visione. [12]La sua visione era questa: Onia, che era stato sommo sacerdote, uomo eccellente, modesto nel portamento, mite nel contegno, dignitoso nel proferir parole, occupato dalla fanciullezza in quanto riguardava la virtù, con le mani protese pregava per tutta la nazione giudaica. [13]Gli era anche apparso un personaggio che si distingueva per la canizie e la dignità ed era rivestito di una maestà meravigliosa e piena di magnificenza. [14]Onia disse: «Questi è l'amico dei suoi fratelli, colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio». [15]E Geremia stendendo la destra consegnò a Giuda una spada d'oro, pronunciando queste parole nel porgerla: [16]«Prendi la spada sacra come dono da parte di Dio; con questa abbatterai i nemici».

  • L'animo dei combattenti

[17]Esortati dalle bellissime parole di Giuda, capaci di spingere all'eroismo e di rendere virile anche l'animo dei giovani, decisero di non restare in campo, ma di intervenire coraggiosamente e decidere la sorte attaccando battaglia con tutto il coraggio, perché la città e le cose sante e il tempio erano in pericolo. [18]Minore era il loro timore per le donne e i figli come pure per i fratelli e i parenti, poiché la prima e principale preoccupazione era per il tempio consacrato. [19]Anche per quelli rimasti in città non era piccola l'angoscia, essendo tutti turbati per l'ansia del combattimento in campo aperto. [20]Mentre tutti erano in attesa della prova imminente e i nemici gia avevano cominciato ad attaccare e l'esercito era in ordine di battaglia e gli elefanti erano piazzati in posizione opportuna e la cavalleria schierata ai lati, [21]il Maccabeo dopo aver osservato le moltitudini presenti e la svariata attrezzatura delle armi e la ferocia delle bestie, alzò le mani al cielo e invocò il Signore che compie prodigi, convinto che non è possibile vincere con le armi, ma che egli concede la vittoria a coloro che ne sono degni, secondo il suo giudizio. [22]Invocando il Signore, si esprimeva in questo modo: «Tu, Signore, inviasti il tuo angelo al tempo di Ezechia re della Giudea ed egli fece perire nel campo di Sennàcherib centottantacinquemila uomini. [23]Anche ora, sovrano del cielo, manda un angelo buono davanti a noi per incutere paura e tremore. [24]Siano atterriti dalla potenza del tuo braccio coloro che bestemmiando sono venuti qui contro il tuo santo tempio». Con queste parole egli terminò.

  • Disfatta e morte di Nicanore

[25]Gli uomini di Nicànore avanzavano al suono delle trombe e degli inni di guerra. [26]Invece gli uomini di Giuda con invocazioni e preghiere si gettarono nella mischia contro i nemici. [27]In tal modo combattendo con le mani e pregando Dio con il cuore, travolsero non meno di tretacinquemila uomini, rallegrandosi grandemente per la manifesta presenza di Dio. [28]Terminata la battaglia, mentre facevano ritorno pieni di gioia, riconobbero Nicànore caduto con tutte le sue armi. [29]Levarono alte grida dandosi all'entusiasmo, mentre benedicevano l'Onnipotente nella lingua paterna. [30]Quindi colui che era stato sempre il primo a combattere per i suoi concittadini con anima e corpo, colui che aveva conservato l'affetto della prima età verso i suoi connazionali, comandò che tagliassero la testa di Nicànore e la sua mano con il braccio e li portassero a Gerusalemme. [31]Quando vi giunse, chiamò a raccolta tutti i connazionali e i sacerdoti davanti all'altare: sostando in mezzo a loro mandò a chiamare quelli dell'Acra [32]e mostrò loro la testa dell'empio Nicànore e la mano che quel bestemmiatore aveva steso contro la sacra dimora dell'Onnipotente pronunciando parole orgogliose. [33]Tagliata poi la lingua del sacrilego Nicànore, la fece gettare a pezzi agli uccelli e ordinò di appendere davanti al tempio la mercede della sua follia.

[34]Tutti allora, rivolti verso il cielo, benedissero il Signore glorioso dicendo: «Benedetto colui che ha conservato la sua dimora inviolata». [35]Fece poi appendere la testa di Nicànore all'Acra alla vista di tutti, perché fosse segno manifesto dell'aiuto di Dio. [36]Quindi decretarono unanimemente con voto pubblico di non lasciar passare inosservato quel giorno, ma di commemorarlo il tredici del decimosecondo mese - che in lingua siriaca si chiama Adar - il giorno precedente la festa di Mardocheo.

  • Epilogo del redattore

[37]Così andarono le cose riguardo a Nicànore e, poiché da quel tempo la città è rimasta in mano agli Ebrei, anch'io chiudo qui la mia narrazione. [38]Se la disposizione dei fatti è riuscita scritta bene e ben composta, era quello che volevo; se invece è riuscita di poco valore e mediocre, questo solo ho potuto fare. [39]Come il bere solo vino e anche il bere solo acqua è dannoso e viceversa come il vino mescolato con acqua è amabile e procura un delizioso piacere, così l'arte di ben disporre l'argomento delizia gli orecchi di coloro a cui capita di leggere la composizione. E qui sia la fine.
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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