Anno liturgico 2007 - 2008

Omelie di Monsignor Antonio Riboldi e altri commenti alla Parola, a cura di miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun feb 25, 2008 9:50 am

      • III domenica di Quaresima. 24 febbraio
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Dal libro dell'Esodo 17, 3-7
In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè invocò l'aiuto del Signore, dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e và! Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d'Israele. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 1-2. 5-8
Fratelli, giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.



Dal vangelo secondo Giovanni 4, 5-42
In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?» , o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto» . E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».




    • “Dammi da bere”
    Forse facciamo un po' fatica, noi moderni, occidentali, a capire fino in fondo che cosa significa "aver sete". Doveva essere, questa, un'esperienza molto più comune per un antico orientale, così come lo è oggi, purtroppo, per tante popolazioni africane. Ci siamo troppo abituati, noi moderni, ad avere l'acqua in casa e ne sprechiamo tantissima, così che non riusciamo più ad avvertirne la preziosità.

    Chissà, allora, se riusciamo a comprendere Gesù che nelle ore calde della giornata orientale si siede stremato al pozzo di Sicar, dove incontra la donna samaritana. La sete fisica di Gesù diventa, per l'evangelista Giovanni, segno di un'altra sete: quella spirituale. Gesù ha sete della fede di quella donna. Ma questa fede ha bisogno di essere suscitata: da qui il dialogo sempre più stringente, che porterà la donna a vedere in Gesù il Messia e a farsi portatrice di questo annuncio ai suoi concittadini samaritani.

    Anche della nostra fede Gesù ha sete: ci vuole discepoli entusiasti, annunciatori intrepidi, capaci di rendere presente oggi la sua Persona che ama, che soccorre il povero, che perdona il peccatore. A sua volta Gesù ci dona l'acqua viva che fa diventare anche noi sorgenti che zampillano per la vita eterna. Scopriamo così ciò che siamo, le nostre capacità, le nostre energie; tutto dobbiamo donare a Lui perché Lui lo trasformi in AMORE SPEZZATO PER I FRATELLI.

    Riusciremo allora a coinvolgere tanti altri "samaritani", desiderosi di ascoltare parole di vita e di speranza, desiderosi di dare un senso profondo alla propria esistenza, gettandosi nell'impresa di cambiare il mondo.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mar 03, 2008 10:51 am

      • IV domenica di Quaresima. 2 marzo 2008
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Dal primo libro di Samuele 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a
In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti ordino di andare da Iesse il Betlemmita, perché tra i suoi figli mi sono scelto un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato. Quando Iesse e i suoi figli gli furono davanti, egli osservò Eliab e disse: «È forse davanti al Signore il suo consacrato?». Il Signore rispose a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore». Iesse presentò a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo che ora sta a pascolare il gregge». Samuele ordinò a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Quegli mandò a chiamarlo e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto. Disse il Signore: «Alzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell'olio e lo consacrò con l'unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi.



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 8-14
Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare. Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce. Per questo sta scritto: «Svegliati, o tu che dormi, déstati dai morti e Cristo ti illuminerà».



Dal vangelo secondo Giovanni 9, 1-41
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Và a lavarti nella piscina di Siloe (che significa "Inviato")». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui» ; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli chiesero: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». Egli rispose: «Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Va' a Siloe e lavati!". Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è questo tale?». Rispose: «Non lo so». Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c'era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori risposero: «Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età, chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi. Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane».




    • “Tu credi nel Figlio dell'uomo?”
    La tematica della fede fa da guida al famoso brano del cieco nato, che la liturgia ci propone in questa Domenica. L'evangelista Giovanni ci mette di fronte al percorso di quest'uomo (cieco dalla nascita e guarito da Gesù), che arriva ad esclamare "credo, Signore". Il miracolo ricevuto, la persecuzione patita da parte dei farisei, l'incontro con Colui che l'ha guarito dalla cecità, tutto porta quest'uomo a divenire "discepolo", a qualificarsi come credente in Gesù, a vederlo fin da subito almeno come un profeta, per poi arrivare alla Sua proclamazione come "Figlio dell'uomo".

    Già, la fede. Potremmo essere tentati di pensare che in fondo era facile per questo ex cieco credere in Gesù: aveva ricevuto un miracolo non da poco... Ma noi sappiamo che quella scaturita da un miracolo non è, per Gesù, una fede autentica. Solo incontrando veramente Lui, lasciarsi interpellare dalla sua richiesta, dialogare con Lui, questo porta alla fede vera.

    La stessa cosa vale anche per noi: se non conosciamo personalmente Gesù, se non lo frequentiamo assiduamente nella preghiera e nei Sacramenti, se non riversiamo sul prossimo il nostro amore, non possiamo dire di aver fede in Lui. Proveremo, certo, un qualche sentimento bello nei Suoi confronti, saremo pieni di zelo in tante attività, ma, sotto sotto, ci accorgeremmo di essere a servizio di noi stessi, dei nostri desideri, della nostra ricerca di gratificazioni.

    Irrimediabilmente finiremo per farci un'idea tutta nostra di Dio, per non accoglierlo nella sua vera realtà, ma secondo un'immagine che ci siamo costruiti noi, a seconda di quello che ci torna più comodo. Gesù ci vuole discepoli autentici, disposti a dimostrare la nostra fede seguendolo anche quando è scomodo.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mar 10, 2008 11:14 am

      • V domenica di Quaresima. 9 marzo 2008
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Dal libro del profeta Ezechiele 37, 12-14
Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 8-11
Fratelli, quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.



Dal vangelo secondo Giovanni 11, 1-45
In quel tempo, era malato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Betania distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dài ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.




    • “Liberatelo e lasciatelo andare”
    Il miracolo della risurrezione di Lazzaro ha un significato ancora più profondo di quello, già di per sé grande, di un morto che ritorna alla vita. Lazzaro infatti anticipa, in un certo modo, quello che avverrà a Gesù e, di conseguenza, all'umanità intera. Con la differenza che il ritorno alla vita terrena da parte di Lazzaro è provvisorio (prima o poi dovrà nuovamente morire) mentre lo stato di vita nel quale Gesù entra e al quale tutti siamo chiamati è definitivo.

    Gesù, dunque, è davvero "la resurrezione e la vita". Davvero Egli libera l'uomo dai due mali più tremendi che lo affliggono: il peccato e la morte. La morte è entrata nel mondo come conseguenza del peccato e l'uomo, davanti ad essa, prova da sempre un senso di smarrimento, se non di angoscia e di paura. Davanti alla morte la mente umana formula domande che resterebbero senza risposta se non ci fosse la luce della fede. Soprattutto la domanda sul "dopo", su che cosa ci sarà dopo la morte si affaccia spesso ai nostro cuore.

    "Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno": questa proclamazione di Gesù illumina il "dopo", ci dice che la morte non è la parola ultima sull'esistenza umana. Gesù è Colui che toglie le catene che imprigionano gli uomini e le donne, anche di oggi, in orizzonti limitati, che li rendono schiavi dei propri istinti individualistici, dove c'è ben poco spazio per l'amore autentico, che dona gratuitamente. La liberazione dalla morte è il culmine di tante altre liberazioni realizzate da Gesù, il quale, fondamentalmente, ci rende liberi di amare senza limiti.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mar 17, 2008 10:07 am

      • Domenica delle Palme. 16 marzo 2008
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Dal libro del profeta Isaia 50,4-7
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati. Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.



Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo 26,14-27,66
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.

Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto»

Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio». E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Allora Gesù disse loro: «Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge, ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea». E Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». E Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà». E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti. E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina».

Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.

Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione. I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni». Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».

Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire». Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell'uomo». Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: «Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». E uscito all'aperto, pianse amaramente.

Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire. Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato. Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue». E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi. Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.

Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose «Tu lo dici». E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse: «Non senti quante cose attestano contro di te?». Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore. Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: «Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua». Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!». Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?» . Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile (disse) di questo sangue; vedetevela voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli». Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!». E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui. Giunti a un luogo detto Golgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. E sedutisi, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei». Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!». Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: «Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!». E Gesù, emesso un alto grido, spirò.

Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!». C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

Il giorno dopo, che era quello successivo alla Parascève, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse loro: «Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete». Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.




    • “Un branco di cani mi circonda”
    Questa frase, tratta dal salmo responsonale di questa domenica, può apparire un po' cruda per un giorno di festa come quello della solenne entrata di Gesù in Gerusalemme.

    Tuttavia, il salmo 21, da cui la frase è tratta, indica molto bene lo scopo per il quale Gesù fa il suo ingresso nella città santa: lo aspetta infatti la morte in croce. Il mistero dell'Amore di Dio trova pieno compimento nell'offerta sacrificale di Gesù. Colui che viene oggi osannato e benedetto, tra pochi giorni sarà schernito, oltraggiato e ucciso. E magari, chissà, da quelle stesse persone che lo avevano accolto stendendo i propri mantelli sulla strada, al suo passaggio.

    Come siamo volubili! Certo, spesso capita anche a noi di avere momenti di grande fervore, momenti in cui abbiamo una gran voglia di pregare, in cui ci sembra che la nostra fede sia forte e invincibile e altri in cui regna la trascuratezza spirituale, in cui la preghiera è annoiata e superficiale e la nostra stessa testimonianza di vita cristiana si allenta fin quasi a scomparire.

    Qualche volta corriamo addirittura il rischio di mettere Dio sotto accusa, di non cogliere più il suo amore misericordioso, di dimenticarci che Lui è fedele e non può venir meno alle sue promesse. E proprio la fedeltà al Padre porta Gesù ad affrontare la prova suprema della Passione e della Croce. Gesù ci dimostra nei fatti, e non a parole, il significato più profondo della parola "Amore". Ecco perché oggi proviamo ad accompagnarlo stendendo anche noi la nostra vita al suo passaggio, come segno di condivisione e d'offerta.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar mar 25, 2008 10:00 am

      • Domenica di Pasqua. 23 marzo 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 10, 34a. 37-43
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 3, 1-4
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.



Dal vangelo secondo Luca 24, 13-35
In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino» . Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.




    • "E noi siamo testimoni"
    La Risurrezione è l'evento che ha cambiato la storia del mondo! Con la Risurrezione, infatti, sia ha la certezza che quel Gesù morto in croce è veramente il Figlio di Dio.

    Alla luce di questo fatto gli Apostoli e tutti coloro che avevano conosciuto Gesù rileggono la vita e le opere del Maestro, andando ad annunciare in tutto il mondo la salvezza da Lui operata. E dopo di loro altre migliaia e migliaia di discepoli hanno portato il Vangelo in ogni angolo della terra. Da duemila anni, dunque, un messaggio d'amore continua ad arrivare al cuore dell'uomo per aiutarlo a mettere a frutto i suoi talenti, per portare a compimento tutte le potenzialità di bene che ognuno possiede, Senza la Risurrezione di Gesù sarebbe vana la nostra fede e il nostro sarebbe un ideale puramente umano, destinato prima o poi a finire.

    E invece l'amore di Cristo, il vivente, ci spinge a portare la sua persona attraverso la Chiesa, agli uomini e alle donne in attesa di una speranza, di una dignità nuova, di non essere più considerati "servi, ma amici". Certo, non è facile, e qualche volta, proprio perché sono umani, anche i discepoli di Gesù possono sbagliare.

    Tuttavia, insieme al peccato, c'è anche la forza dello Spirito Santo, c'è una spinta soprannaturale che rende anche i più deboli capaci che abbracciare la croce e di percorrere la strada già percorsa da Gesù: è il mistero di un amore più grande di noi, di un amore che non ha confini e che ci vuole suoi testimoni ovunque e in ogni momento.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mar 31, 2008 8:47 am

      • Domenica della Divina Misericordia. 30 marzo 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 2,42-47
I fratelli erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.



Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1, 3-9
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime.



Dal vangelo secondo Giovanni 20, 19-31
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.




    • "Esultate di gioia indicibile e gloriosa"
    Questa bellissima espressione della prima lettera di Pietro c'invita a contemplare in tutta la sua portata l'evento pasquale e la salvezza realizzata da Cristo per noi. Con stupore dobbiamo coglierci come creature infinitamente amate da Dio, ricolmate d'ogni bene, in vista della salvezza eterna.

    E tutto questo siamo chiamati a manifestarlo nelle nostra vita, personale e comunitaria. Come comunità, infatti, dovremmo mettere in pratica le parole degli Atti degli Apostoli: "Quelli che erano stati battezzati erano perseveranti nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Ogni giorno ... prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando a Dio e godendo il favore di tutto il popolo".

    La gioia, dunque, viene dalla consapevolezza di fare la volontà di Dio; quante volte facciamo un mucchio di progetti e poi, se vanno male, ci arrabbiamo e perdiamo la serenità! Ma davanti ad un progetto (è giusto farne, ci mancherebbe) pensiamo anche a quale potrebbe essere il parere di Dio? Chiediamo il Suo Aiuto? Ci lasciamo interrogare dal Vangelo per uniformarvi il nostro progetto?

    Dio ha realizzato il Suo progetto di salvezza nei nostri confronti a costo di morire in croce. Noi siamo veramente capaci di fare sacrifici per Lui? lo credo che ci sia una gioia immensa nel fare qualcosa che ci costa fatica per qualcuno o per qualcosa che amiamo. Penso all'alpinista che conquista una vetta, al navigatore solitario che attraversa l'oceano e, più semplicemente, alla meta delle vacanze raggiunta dopo estenuanti ore di coda sulle strade. L'amore muove le nostre azioni: che cosa facciamo esclusivamente per amore di Dio?
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun apr 07, 2008 9:22 am

      • III domenica di Pasqua. 6 aprile 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 2, 14a. 22-33
Nel giorno di Pentecoste, Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret — uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete —, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: " Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza ". Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: "Questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne vide corruzione". Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».



Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1, 17-21
Carissimi, se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. E voi per opera sua credete in Dio, che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.



Dal vangelo secondo Luca 24, 13-35
In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.




    • “Si fermarono, con il volto triste”
    Il volto triste dei due discepoli di Emmaus è immagine del volto triste di tanti uomini e donne d'oggi. Forse, diciamolo con onestà, anche di tanti discepoli di Gesù. Che cosa manca, per essere felici? A che cosa ci si può aggrappare per avere una vita serena? Una vita senza guai, senza problemi, senza sofferenze...?

    I due discepoli di Emmaus sono tristi perché hanno perso la speranza: "Noi speravamo che Egli fosse colui che avrebbe liberato Israele…”. Una speranza terrena, ferma ad una liberazione materiale dal dominio straniero: una speranza ristretta, come tutte le speranze legate a questa terra. Certo, anche queste speranze possono essere legittime: è giusto sperare in un aumento di stipendio o della pensione, è giusto sperare in una bella vacanza, è giusto sperare nella salute e in tante altre cose importanti. Ma sono tutte cose che passano, sono speranze parziali, che finiscono, prima o poi, per lasciarci con il volto triste, perché la salute se n'è andata, la vacanza è finita, lo stipendio è aumentato, ma non basta lo stesso.

    Solo Dio non delude.

    C'è una speranza che va oltre questo mondo. Che nasce dalla fede e si compie nella carità. È la speranza che ci fa guardare verso il cielo per vedere uno spiraglio di luce anche dove le tenebre sono più fitte; siamo così proiettati oltre i limiti dell'umano e riempiamo il nostro cuore d'infinito. Ecco perché capita di incontrare persone che non hanno i soldi, non hanno la salute, nemmeno la macchina e la casa, eppure comunicano una profonda serenità e aiutano ad arrivare più vicino a Dio. Anche noi, allora, come i due discepoli di Emmaus, "partiamo senza indugio" per incontrare questa speranza.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun apr 14, 2008 9:34 am

      • IV domenica di Pasqua. 13 aprile 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 2, 14a.36-41
Nel giorno di Pentecoste, Pietro levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Sappia con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!». All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.



Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 2, 20b-25
Carissimi, se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, quando era oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.



Dal vangelo secondo Giovanni 10, 1-10

In quel tempo, Gesù disse; «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».




    • "lo sono venuto perché abbiano la vita"
    La IV Domenica di Pasqua nei suoi tre cicli contempla ogni anno Gesù buon pastore che conduce il suo gregge verso l’ovile unico: la casa del Padre. Gesù è la porta unica delle pecore: il vero Tempio che mette in comunione con il Padre del cielo. È guida del gregge, cioè compagno di vita, pronto a condividere con le sue pecore i pericoli, il sole infuocato, il freddo notturno. È pastore che chiama le pecore «una per una», e per ognuna ha un messaggio specifico. E nel farle uscire dall’ovile, «cammina innanzi» a loro, ed esse lo seguono sicure verso pascoli erbosi (Salmo responsoriale). Il falso pastore, invece, che non porta le pecore al pascolo, è un ladro che «sale da un’altra parte» e non dalla porta, seminando il panico. Un brigante venuto per depredare. Un estraneo la cui voce provoca paura e sconcerto.

    Le pecore del buon pastore, «tornate al guardiano delle loro anime» (II Lettura), devono seguire Gesù come discepole dietro al Maestro. Come hanno riconosciuto la voce di Gesù quanti hanno ascoltato le parole di Pietro il giorno di Pentecoste, i quali si sentirono trafiggere il cuore, ma dopo essersi pentiti, ricevettero il battesimo e quindi il dono dello Spirito (I Lettura).
    • Sergio Gaspari, smm
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun apr 21, 2008 9:15 am

      • V domenica di Pasqua. 20 aprile 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 6, 1-7
In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest'incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede.



Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 2, 4-9
Carissimi, stringetevi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: "Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso". Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli "la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, sasso d'inciampo e pietra di scandalo". Loro v'inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose" di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce.



Dal vangelo secondo Giovanni 14, 1-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.




    • "Dio nessuno l'ha mai visto ..."
    Mi vengono in mente le ultime parole del prologo del Vangelo di Giovanni: "Dio nessuno l'ha mai visto, il Figlio Unigenito, Lui ce lo ha raccontato". Gesù ci mostra il Padre: per capire Dio dobbiamo fissare lo sguardo su Gesù. Egli è Colui che compie le opere del Padre, è Colui che dice le parole del Padre.

    Solo guardando Gesù riusciamo a vedere l'amore sconvolgente di Dio. Gesù ci parla di un Dio che ama, che vuole a tutti i costi la salvezza del peccatore, che va alla ricerca della pecorella smarrita e attende con ansia il ritorno del figliol prodigo. È un Dio, quello di Gesù, che "si fa tutto a tutti pur di guadagnare ad ogni costo qualcuno": pranza con i peccatori e i pubblicani, si lascia lavare i piedi dalle prostitute per dire a tutti parole di speranza, per incitare tutti alla conversione.

    Non è un Dio facilone e amicone, il buon compagnone ingenuo che si può imbrogliare come si vuole: è un Dio anche severo, che conosce il valore del sacrificio per amore, che si fa "prossimo", compagno di strada, che non fa sconti, prima di tutto a sé stesso. Con un Dio così ci siamo imbarcati sulla navicella della Chiesa: Lui tiene il timone chiedendo ad ognuno di noi di svolgere bene il proprio compito.

    Chi crede in Gesù compirà le sue stesse opere, cioè lo renderà presente, ben visibile agli uomini e alle donne d'oggi. Anche noi, in fondo, siamo chiamati a parlare di Dio agli altri e a farlo prima di tutto con la nostra vita. Chissà se anche noi potremo rispondere, a chi ci chiede di mostragli Gesù: " Chi a visto me ha visto Gesù".
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun apr 28, 2008 7:37 am

      • VI domenica di Pasqua. 27 aprile 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 8, 5-8. 14-17
In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo. E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva. Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati. E vi fu grande gioia in quella città. Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.



Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 3, 15-18
Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. E' meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male. Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito.



Dal vangelo secondo Giovanni 14, 15-21
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».




    • “E vi fu una grande gioia in quella città”
    Filippo porta il primo annuncio della morte e risurrezione di Gesù in Samaria. E in questa regione eretica, guardata con molto sospetto dalle autorità ebraiche di Gerusalemme, il Vangelo viene accolto con entusiasmo: le folle prestano molta attenzione alla predicazione di Filippo, molti malati vengono guariti. L'incontro con Gesù, attraverso le parole di Filippo, porta "grande gioia in quella città".
    Chissà, forse perché per noi il Vangelo non è un nuovo annuncio, forse perché ci siamo un po' "abituati", forse perché le circostanze della vita ci hanno un po' indurito il cuore, sta di fatto che non sempre dimostriamo una grande gioia di essere cristiani. E pensare che dovremmo essere portatori e comunicatori della speranza più grande, quella di Gesù che sconfigge il peccato e la morte!
    La seconda lettura di questa Domenica ci rivolge un invito particolarmente importante, cioè quello di essere "pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi". Mi verrebbe da dire che, prima ancora di rendere ragione, dovremmo mostrare di averla davvero in noi, la speranza. La fede autentica non può non donarci un fondo di serenità, non può non farci provare la gioia di essere figli amati, coccolati, figli a cui Dio ha donato, e dona ogni giorno, i suoi tesori, come l'Eucaristia.
    Anche nelle difficoltà della vita il discepolo di Gesù non si abbatte e si dispera, perché è sempre consapevole della presenza amorevole di Dio. Non siamo "orfani", ci ricorda Gesù nel brano evangelico odierno. Dio non ci abbandona mai. Da qui la nostra speranza e la nostra gioia.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mag 05, 2008 8:21 am

      • Acensione del Signore. 4 maggio 2008
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Dagli atti degli apostoli 1,1-11
Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòfilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre «quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni». Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?» . Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo».



Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 17-23
Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.



Dal vangelo secondo Matteo 28, 16-20
In quel tempo, gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».




    • "Fate discepoli tutti i popoli"
    Ogni tanto si sente ancora discutere sull'attività missionaria della Chiesa. Ci si chiede se sia ancora valida, in un epoca di tolleranza, di dialogo fra religioni, di rispetto e riconoscimento reciproco. Qualcuno rievoca il passato, accusando la Chiesa cattolica (chissà perché sempre e soltanto lei!) di aver violentato le coscienze, di non aver accolto le culture diverse dalla propria, di aver contribuito allo sterminio di intere popolazioni (vedi aztechi e popoli sudamericani, dimenticandosi di Bartolomeo de Las Casas e di quanti altri si impegnarono e diedero la vita perché quei popoli fossero rispettati!).

    Con tutto questo, dicono i benpensanti, sempre inclini alla tolleranza (ovviamente solo verso chi la pensa come loro), deve convincerci che la parola "missione" va eliminata dal vocabolario della Chiesa, Già, come se potessimo cancellare, a nostro piacimento, le parole dette da Gesù!

    Il Vangelo di oggi è quanto mai chiaro: la missione fa parte dell'essenza della Chiesa. La Chiesa non sarebbe più sé stessa se non annunciasse il Vangelo a chi non lo conosce. Come potrebbe, la Chiesa, dimenticare la parola di Gesù, che oggi ascoltiamo nella liturgia: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato".

    La proposta del vangelo deve essere fatta a tutti. Certo, con dolcezza, senza ricatti e imposizioni, ma guai a noi se non annunciassimo il Vangelo! Il dialogo con le altre religioni non può impedirci di essere fedeli a noi stessi e di comunicare la gioia grande di avere incontrato l'unico Salvatore, il Maestro, Cristo Gesù.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mag 12, 2008 8:25 am

      • Pentecoste. 11 maggio 2008
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          • Messa vespertina della Vigilia
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Dal libro del profeta Gioèle 3,1-5
Così dice il Signore: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,22-27
Fratelli, sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno gia vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.



Dal vangelo secondo Giovanni 7,37-39
Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.


          • Messa del giorno
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Dagli atti degli Apostoli 2, 1-11
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 3b-7. 12-13
Fratelli, nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo. Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune. Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.



Dal vangelo secondo Giovanni 20, 19-23
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».




    • "Ricevete lo Spirito Santo"
    Gesù dona lo Spirito Santo ai suoi Apostoli ed essi iniziano il loro ministero, che consiste nel proclamare la Parola di salvezza e nella possibilità di donare il perdono dei peccati. Ma la cosa per me più sorprendente è il cambiamento di atteggiamento, interiore ed esteriore, che lo Spirito Santo provoca negli Apostoli.

    Il libro degli Atti ci descrive molto bene come essi "cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi". Non c'è più "il timore dei Giudei", descrittoci dall'evangelista Giovanni, non c'è più nulla che possa trattenere questi uomini (che qualche difettuccio l'avevano!) dal proclamare a tutti la "buona notizia", il Vangelo.

    Guardiamo con un po' di commozione l'inizio della storia dei cristiani. Lo Spirito Santo è il protagonista di questo inizio: infiamma i cuori, dona il coraggio, ricompone addirittura l'unità del genere umano, disgregata dall'orgoglio dell'uomo che aveva voluto sfidare Dio con la Torre di Babele.

    Lo Spirito Santo, dunque, si manifesta come portatore di unità. Ce lo ricorda anche San Paolo, nella seconda lettura, quando guarda alla Chiesa come a un corpo nel quale ad ogni membro è data, dallo spirito, una funzione particolare e tutte le membra costituiscono l'unità del corpo.

    Lo Spirito Santo ha tolto la differenza: non ci sono più Giudei o Greci, schiavi o liberi poiché lutti sono stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo". Questo Spirito continua ad agire in noi, oggi. Anche oggi lo Spirito "lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido". Lasciamolo lavorare nel nostro cuore.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mag 19, 2008 9:12 am

      • Santissima Trinità. 18 maggio 2008
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Dal libro dell'Esodo 34, 4b-6. 8-9
In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità».



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 13, 11-13
Fratelli, siate lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.



Dal vangelo secondo Giovanni 3, 16-18
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».




    • "Fratelli siate gioiosi, vivete in pace"
    Ci si potrebbe chiedere come si fa ad essere gioiosi, nell'attuale congiuntura economica e sociale. Nonostante le promesse di felicità fatte da qualche politico, molti non se la passano troppo bene e, in ogni casa, nella vita, ci sono variabili imprevedibili che possono improvvisamente sconvolgere, in peggio, i nostri progetti. Che valore ha, allora, l'invito di San Paolo ad essere gioiosi?

    Siamo chiamati a guardare ben oltre gli orizzonti ristretti della nostra vita materiale. Siamo chiamati a lanciare uno sguardo nella profondità di Dio per lasciarci illuminare dalla sua luce. La prima lettura, tratta dal libro dell'Esodo, ci ricorda che il Signore è "Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà": tutte le vicende della nostra vita andrebbero lette alla luce di questo Dio, cercando di cogliere in esse la sua misericordiosa fedeltà. Allora la gioia può non essere così lontana, allora sapremmo apprezzare di più quello che abbiamo e ci lamenteremmo un po' meno.

    Gli uomini e le donne di oggi hanno bisogno di ricevere da noi, discepoli di Gesù, la testimonianza di una fede vissuta, appunto, con gioia, nella disponibilità ad accogliere in pienezza il progetto di Dio, che è sempre progetto di bene e di salvezza eterna.

    Un Dio "uno e trino", che è amore: il centro della nostra fede ci da una grande speranza nelle "cose future", ma ci aiuta anche ad affrontare con una grande fiducia e un grande coraggio quelle presenti. Essere portatori di gioia e di pace: è la nostra missione, oggi.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun mag 26, 2008 9:29 am

      • Solennità del Corpo e Sangue di Cristo. 25 maggio 2008
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Dal libro del Deuteronomio 8, 2-3. 14b-16a
Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Non dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz'acqua; che ha fatto sgorgare per te l'acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10, 16-17
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane.



Dal vangelo secondo Giovanni 6, 51-58
In quel tempo, Gesù disse alle folle dei Giudei: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».




    • "lo sono il pane vivo"
    "Prendete e mangiatene tutti. Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi": queste parole, ripetute da duemila anni, tutti i giorni, in ogni parte del mondo, ci fanno capire la grandezza del dono che ci è stato fatto nell'Eucaristia. Il Cristo risorto e vivente continua a nutrire la sua Sposa, la Chiesa, per darle l'energia necessaria a svolgere la sua missione, che è quella di renderlo presente nel mondo. Oggi siamo invitati a guardare con stupore commosso il Figlio di Dio che rinnova il suo sacrificio per noi.

    Qualche volta rischiiamo di abituarci troppo alla presenza eucaristica: ci sembra scontato che nelle nostre chiese ci sia il Santissimo Sacramento, come se fosse uno dei tanti elementi artistici della Chiesa, ali punto che potrebbe apparire più "bella" o più "commovente" una qualche statua della Madonna o dei santi!

    Povero Gesù! Chissà quanto spesso, anche oggi, si sente abbandonato come nell'Orto degli Ulivi, quando i suoi discepoli non sono stati capaci di vegliare un'ora sola con Lui. Dobbiamo davvero recuperare lo stupore di un evento che ci fa entrare nel cuore della storia della salvezza: la celebrazione della Messa è il vertice della vita della Chiesa e, quindi, di ciascuno di noi.

    La presenza eucaristica è il prolungamento e il richiamo continuo della celebrazione: come sarebbe più povero, il mondo senza Eucaristia! Siamo chiamati, dunque, ad una partecipazione sempre più autentica ed attiva al mistero eucaristico, non con uno sterile devozionismo, ma con il mettere in gioco la nostra vita nell'amore.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 02, 2008 1:24 pm

      • IX domenica del Tempo Ordinario. 1 giugno 2008
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Dal libro del Deuteronomio 11, 18. 26-28
Mosè parlò al popolo dicendo: «Porrete dunque nel cuore e nell'anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi. Vedete, io pongo oggi davanti a voi una benedizione e una maledizione: la benedizione, se obbedite ai comandi del Signore vostro Dio, che oggi vi do'; la maledizione, se non obbedite ai comandi del Signore vostro Dio e se vi allontanate dalla via che oggi vi prescrivo, per seguire dèi stranieri, che voi non avete conosciuti. [Avrete cura di mettere in pratica tutte le leggi e le norme che oggi io pongo dinanzi a voi]».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 3, 21-25a. 28
Fratelli, ora, invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue. Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della legge.



Dal vangelo secondo Matteo 7, 21-27
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande».




    • "Non chiunque mi dice: Signore, Signore"
    La liturgia di questa domenica ci pone di fronte alle frasi di Gesù che concludono il discorso della montagna. Questo discorso occupa i capitoli 5°,6° e 7° del Vangelo di Matteo e si apre con le Beatitudini, per poi svilupparsi nella "legge nuova" data da Gesù: non più il voler bene solo a chi ci vuole bene, ma l'amore per i nemici, il porgere l'altra guancia, l'essere generosi oltre ogni misura, insieme alla fiducia totale nella Provvidenza di Dio, a cui ci rivolgiamo potendolo chiamare "Padre".

    È uno stile di vita completamente nuovo, perché è modellato su Gesù stesso. Questo significa "fare la volontà del Padre": vivere ciò che ha vissuto Gesù, essere e fare come Lui. È molto facile, per noi cristiani come per tanti altri, fermarsi ad una religiosità superficiale. Oppure ad una fede puramente emotiva, che cerca consolazioni interiori, senza però produrre una reale novità di vita, un distacco autentico dal peccato, un impegno serio di amore verso i fratelli.

    La fede del "Signore, Signore" finisce per essere fatta di parole, magari anche molto belle, di preghiere dette magari con molto fervore, ma solo "dette". È una fede che non sa chi è Dio realmente, perché è molto incentrata sull'uomo, su se stessi, sui propri problemi e desideri. In questa fede Dio è spesso solo il contorno, perché il piatto forte, il vero "celebrato e adorato" è il nostro "io".

    È una fede, questa, costruita sulla sabbia, che magari si crede forte, troppo spesso legata ai nostri stati d'animo. Mettere in pratica le parole di Gesù, anche quando costa sacrificio: questa è la fede autentica a cui il Vangelo di Matteo ci invita.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 02, 2008 1:24 pm

      • IX domenica del Tempo Ordinario. 1 giugno 2008
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Dal libro del Deuteronomio 11, 18. 26-28
Mosè parlò al popolo dicendo: «Porrete dunque nel cuore e nell'anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi. Vedete, io pongo oggi davanti a voi una benedizione e una maledizione: la benedizione, se obbedite ai comandi del Signore vostro Dio, che oggi vi do'; la maledizione, se non obbedite ai comandi del Signore vostro Dio e se vi allontanate dalla via che oggi vi prescrivo, per seguire dèi stranieri, che voi non avete conosciuti. [Avrete cura di mettere in pratica tutte le leggi e le norme che oggi io pongo dinanzi a voi]».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 3, 21-25a. 28
Fratelli, ora, invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue. Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della legge.



Dal vangelo secondo Matteo 7, 21-27
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande».




    • "Non chiunque mi dice: Signore, Signore"
    La liturgia di questa domenica ci pone di fronte alle frasi di Gesù che concludono il discorso della montagna. Questo discorso occupa i capitoli 5°,6° e 7° del Vangelo di Matteo e si apre con le Beatitudini, per poi svilupparsi nella "legge nuova" data da Gesù: non più il voler bene solo a chi ci vuole bene, ma l'amore per i nemici, il porgere l'altra guancia, l'essere generosi oltre ogni misura, insieme alla fiducia totale nella Provvidenza di Dio, a cui ci rivolgiamo potendolo chiamare "Padre".

    È uno stile di vita completamente nuovo, perché è modellato su Gesù stesso. Questo significa "fare la volontà del Padre": vivere ciò che ha vissuto Gesù, essere e fare come Lui. È molto facile, per noi cristiani come per tanti altri, fermarsi ad una religiosità superficiale. Oppure ad una fede puramente emotiva, che cerca consolazioni interiori, senza però produrre una reale novità di vita, un distacco autentico dal peccato, un impegno serio di amore verso i fratelli.

    La fede del "Signore, Signore" finisce per essere fatta di parole, magari anche molto belle, di preghiere dette magari con molto fervore, ma solo "dette". È una fede che non sa chi è Dio realmente, perché è molto incentrata sull'uomo, su se stessi, sui propri problemi e desideri. In questa fede Dio è spesso solo il contorno, perché il piatto forte, il vero "celebrato e adorato" è il nostro "io".

    È una fede, questa, costruita sulla sabbia, che magari si crede forte, troppo spesso legata ai nostri stati d'animo. Mettere in pratica le parole di Gesù, anche quando costa sacrificio: questa è la fede autentica a cui il Vangelo di Matteo ci invita.
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 09, 2008 7:44 am

      • X domenica del Tempo Ordinario. 8 giugno 2008
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Dal libro del profeta Osea 6, 3-6
Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra. Che dovrò fare per te, Efraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 18-25
Fratelli, Abramo ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo — aveva circa cento anni — e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.



Dal vangelo secondo Matteo 9, 9-13
In quel tempo, Gesù, passando, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte e gli disse «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».




    • "Seguimi!..."
    Gesù sconvolge un po' i nostri schemi, nella scelta degli Apostoli. Ci potrebbero andar bene i quattro piccoli imprenditori nel settore ittico, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni. Ma oggi Gesù si cimenta con la chiamata di un pubblicano, un esattore delle tasse, professione odiata da molti in ogni epoca, e, a quell'epoca, giudicata poco onesta.

    Il suo imperioso richiamo rivolto a Matteo (Seguimi!) ci fa pensare che dentro il cuore di ogni uomo c'è il desiderio di qualcosa di grande, c'è un senso di vuoto, d'incompletezza che solo Gesù può colmare. E Gesù non si tira indietro. Egli è disposto a mangiare con i pubblicani e i peccatori per rendere presente la misericordia di Dio. Se pensiamo alla nostra chiamata battesimale scopriamo la totale gratuità del gesto di Dio: non siamo diventati suoi perché eravamo più bravi, i più intelligenti, i più santi!

    Ci ha chiamati per amore, perché Lui ama e va bene così! È proprio questo il volto di Dio che Gesù è venuto a mostrarci. E in volto così non c'è posto per il pregiudizio, per la condanna preventiva, per l'eliminazione quasi fisica del peccatore. C'è posto, invece, per una seconda occasione offerta, per una conversione continuamente proposta, per uno sguardo di benevolenza e di amore, qualche volta anche pieno di sofferenza.

    Gesù chiama il pubblicano Matteo: sono le nuove e inimmaginabili frontiere dell'amore di Dio e della fiducia che ripone nell'uomo. È bello sentirsi "stimati" da Dio, sapersi importanti per Lui. Dio non è indifferente e apatico, Questa certezza ci viene dall'opera e dalle parole di Gesù: Dio ci ama.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 16, 2008 9:36 am

      • XI domenica del Tempo Ordinario. 15 giugno 2008
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Dal libro dell'Esodo 19, 2-6a
In quei giorni, gli Israeliti arrivarono al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 6-11
Fratelli, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione.



Dal vangelo secondo Matteo 9, 36 - 10, 8
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì. Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.




    • "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date"
    Gesù impressionato dalla grandezza della messe (le folle} e dalla scarsità degli operai, invita a pregare perché "il signore della messe mandi operai nella sua messe". E comincia subito anch'Egli ad inviare i suoi discepoli.

    Abbiamo così gli Apostoli, gli inviati: sono dodici, a richiamare il nuovo popolo di Dio, il nuovo Israele. Non più un popolo costituito su base etnica, sull'appartenenza ad una "razza", ma un popolo che si riunisce sulla base della fede in Gesù e che proviene da tutte le nazioni della terra: contempliamo oggi la Chiesa nella sua dimensione universale, contempliamo l'amore di Dio che è per tutti, anche e soprattutto ai peccatori, ai quali rivolge l'invito pressante della salvezza.

    Se pensiamo alla gratuità della nostra vocazione battesimale, comprendiamo il senso profondo del nostro essere missionari: il tesoro che gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente lo dobbiamo ridistribuire, predicando che il "Regno di Dio è vicino". E infatti, con Gesù, Dio si è fatto "prossimo", ha voluto farsi vicine ai poveri, agli emarginati, ai peccatori. Ha voluto soffrire con i sofferenti, condividendo anche questa realtà estrema della condizione umana. Ancora oggi la messe è grande e gli operai sono pochi.

    Dovremmo forse riscoprire la nostra missione, senza la tentazione di delegarla sempre ad altri. È ormai finito il tempo in cui le chiese erano piene e i sacerdoti in sovrannumero, le tre ordinazioni sacerdotali nella nostra diocesi in questi giorni ci fanno riflettere sulla scarsità di ministri ordinati e sulla necessità della riscoperta dei ministeri che i laici possono e devono svolgere. Con la certezza che Gesù accompagna e guida sempre la sua Chiesa.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 23, 2008 8:30 am

      • XII domenica del Tempo Ordinario. 22 giugno 2008
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Dal libro del profeta Geremia 20, 10-13
Disse Geremia: Sentivo le insinuazioni di molti: «Terrore all'intorno! Denunciatelo e lo denunceremo». Tutti i miei amici spiavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere; saranno molto confusi perché non riusciranno, la loro vergogna sarà eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto e scruti il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di essi; poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 12-15
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini



Dal vangelo secondo Matteo 10, 26-33
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non temete gli uomini poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».




    • "Non abbiate paura..."
    Il brano evangelico che ci viene presentato in questa Domenica è un forte invito di Gesù alla testimonianza coraggiosa. Il cristiano deve essere capace di andare oltre ogni paura per affermare la propria fede in Gesù.

    Oggi molti vedrebbero volentieri i discepoli di Gesù rinchiusi nelle sacrestie, a praticare una religione "privata", che non abbia alcuna incidenza pubblica, che lasci andare la cosiddetta "società civile" per conto suo. Oggi si tende (anche se il fenomeno è vecchio di qualche secolo) ad accusare la Chiesa cattolica di ogni nefandezza: dalla diffusione dell'AIDS (la Chiesa, si sa, è contraria all'uso dei preservativi!), alla morte per fame di milioni di persone (la Chiesa, si sa, è contraria alla sterilizzazione di massa e all'aborto selettivo tipo quello praticato in Cina e questo comporta un aumento della popolazione, soprattutto in Africa, che non può essere sfamata!), tanto per citarne due.

    Forse è tempo, oggi che la parola "Pride" (orgoglio) va molto di moda dopo la risonanza data al "Gay Pride", di riscoprire l'orgoglio di essere cattolici, di essere persone che credono in valori grandi e li difendono e non hanno paura di diffonderli, di essere persone impegnate nell'edificazione di una società più giusta sull'esempio di Gesù Cristo che "non è venuto per essere servito, ma per servire".

    È tempo, per noi cattolici, di sentirci uniti attorno all'ideale evangelico che è sempre e comunque proposta d'accoglienza, di rispetto, di amore. Costruire un mondo più bello, in tutti i sensi, è possibile. Da duemila anni la Chiesa, insieme a tanti uomini e donne, di buona volontà, ci lavora. Dobbiamo essere anche noi della partita, orgogliosi di appartenere a Gesù!
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun giu 30, 2008 9:41 am

      • Solennità dei Santi Pietro e Paolo. 29 giugno 2008
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Dagli Atti degli Apostoli 12, 1-11
In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli azzimi. Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Alzati, in fretta!» . E le catene gli caddero dalle mani. E l'angelo a lui: «Mettiti la cintura e legati i sandali». E così fece. L'angelo disse: «Avvolgiti il mantello, e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione. Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei».



Dalla seconda lettera di san Paolo a Timoteo 4,6-8.17.18
Carissimo, quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.



Dal Vangelo secondo Matteo 16, 13-19
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».




    • "Simone, figlio di Giovanni, mi ami?"
    L'amore. Solo con l'amore possiamo spiegare le scelte e la vita di questi due giganti della fede. Per Pietro e Paolo l'incontro con Gesù segna l'inizio di un cammino che li porterà a morire per il Signore. Dio è entrato con prepotenza nella loro vita: sul lago di Tiberiade e sulla strada per Damasco Gesù si presenta come Colui che, unico, può dare senso pieno all'esistenza, può incanalare tutte le energie, i pregi e perfino i difetti verso un progetto che guarda all'edificazione del Regno di Dio.

    Già, pregi e difetti. Perché i due grandi apostoli non sono esenti da difetti: sono uomini, come tutti. Ma l'amore smisurato per Gesù è la caratteristica che sempre emerge e li fa andare oltre le debolezze e le fragilità umane. Ci troviamo così di fronte a due innamorati di Cristo, entusiasti annunciatori del suo Vangelo, consapevoli di portare un messaggio di libertà e di piena realizzazione per l'umanità.

    Un messaggio che supera tutte le barriere del mondo antico, come di quello attuale: "non c'è giudeo né greco, schiavo o libero, uomo o donna, ma tutti siamo uno in Cristo Gesù, che ci ha salvati e ha dato sé stesso per noi".

    L'ansia apostolica porterà Pietro e Paolo sulle strade del mondo antico fino a Roma, la capitale dell'Impero, lasciando dietro di sé numerose comunità cristiane, che sorgono grazie alla fecondità che lo Spirito Santo dona alla predicazione degli Apostoli. "Padri nella fede e maestri di dottrina", ma anche esempio grande da seguire, sono questi due uomini. Soprattutto per noi, presi dalla tentazione della tiepidezza.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 07, 2008 9:14 am

      • XIV Domenica del Tempo Ordinario. 6 luglio 2008
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Dal libro del profeta Zaccaria 9, 9-10
Così dice il Signore: «Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 9. 11-13
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.



Dal vangelo secondo Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».




    • "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore"
    Tra le caratteristiche che il discepolo di Gesù dovrebbe possedere ce ne sono due che appartengono al Maestro stesso e che noi dobbiamo "imparare": la mitezza e l'umiltà di cuore.

    Il fatto stesso che dobbiamo imparare da Lui la dice lunga sulle virtù che sono tipiche degli esseri umani. Spesso, infatti, non troviamo tra le nostre caratteristiche innate la mitezza e l'umiltà. Troviamo, piuttosto, la voglia di prevaricare, di affermare se stessi, l'orgoglio, la difficoltà nel ricercare e costruire la pace. Sintomo di tutto questo è il bisogno di giudicare male gli altri, di "mormorare" contro qualcuno, di fare persino i conti in tasca al Signore, pensando che certe cose le avremmo pensate e decise meglio noi...

    Occorre, dunque, un esercizio costante della nostra volontà sui nostri istinti. Occorre lavorare costantemente, direi quotidianamente, per acquisire mitezza e umiltà. Sono le virtù di chi si fida profondamente di Dio e vede in Lui il difensore, il consolatore, Colui che sa fare meraviglie attraverso la debolezza e la fragilità.

    Come ci ricorda San Paolo nella seconda lettura odierna, dovremmo avere la consapevolezza che "non siamo sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in noi". È proprio lo Spirito Santo che ci conduce nel cammino, lento e qualche volta faticoso, di avvicinamento a Gesù, al suo modo di fare e di essere. Sappiamo che la meta di questo avvicinamento nella pratica della mitezza e dell'umiltà è il "ristoro" per la nostra vita. Ristoro definitivo in Paradiso, ma già qui possiamo averne qualche anticipo.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 14, 2008 7:40 am

      • XV domenica del Tempo Ordinario. 13 luglio 2008
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Dal libro del profeta Isaia 55, 10-11
Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-23
Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.



Dal vangelo secondo Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: "Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani". Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono! Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».




    • "Il seminatore uscì a seminare"
    Il discepolo è colui che semina a piene mani la Parola di Dio. Non interessa, al discepolo, la qualità del terreno sul quale cade il seme: il contenuto dell'annuncio è troppo importante perché ci perdiamo in valutazioni puramente umane sulla "resa" che esso può avere.

    Come il seminatore evangelico getta il seme anche sulla strada, sui sassi, fra i rovi, così ha fatto Gesù. Egli, infatti, non si è limitato ad annunciare la Buona Novella ai discepoli, ma lo ha fatto anche nei confronti delle folle e persino dei farisei, degli scribi, dei sadducei. E come Lui, anche noi, oggi.

    Qualche volta ci viene la tentazione di chiuderci nei nostri ambienti, parlare solo con chi la pensa come noi, frequentare solo chi condivide i nostri ideali. E invece siamo inviati a portare il Vangelo nel mondo del lavoro, della scuola, nella rete dei rapporti usuali, normali di cui le nostre giornate sono intessute: la famiglia, gli amici, i vicini, i conoscenti. Persone diverse, che spesso non la pensano come noi su tante cose, anche in materia religiosa. Certo, non siamo al mondo per "convincere" gli altri ad ogni costo, per impegnarci in lunghe e improduttive discussioni teologiche: siamo semplicemente chiamati a gettare un piccolo seme di Vangelo, sostenuto, possibilmente, da una limpida e risplendente testimonianza di vita, per non dare la pessima impressione di "predicare bene e razzolare male".

    Tutto questo nella convinzione che Dio opera comunque con la Grazia. Ce lo ricorda la prima lettura: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato e fecondato la terra ... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto. Così dice il Signore".
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 21, 2008 9:36 am

      • XVI domenica del Tempo Ordinario. 20 luglio 2008
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Dal libro della Sapienza 12, 13. 16-19
Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall'accusa di giudice ingiusto. La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti. Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza e reprimi l'insolenza in coloro che la conoscono. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini; inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 26-27
Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.



Dal vangelo secondo Matteo 13, 24-43
In quel tempo, Gesù espose alla folla una parabola: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio». Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: "Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste" fin dalla fondazione del mondo. Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!».




    • “Padrone della forza, tu, o Dio, giudichi con mitezza”
    Quante volte ci viene spontaneo protestare e anche prendercela un po' con il Signore davanti al male nel mondo. Quando ci troviamo di fronte a catastrofi umanitarie come la fame e le epidemie che colpiscono soprattutto i poveri e i deboli, dal nostro cuore sale un grido:"Signore, perché non intervieni?". E altre volte, davanti a crimini efferati, davanti all'uccisione di persone innocenti, magari davanti all'inadeguatezza della giustizia umana, quando non alla sua impotenza, ci viene da dire: "Signore perché non punisci esemplarmente il malvagio?".

    Siamo di fronte, ogni giorno, al problema del male nel mondo; perché esistono i superbi, i malvagi, i prepotenti che opprimono, schiavizzano,pensano solo al proprio tornaconto? Perché Dio non fa piazza pulita di tutta questa gente, così da rendere il mondo un po' migliore?

    La parabola del grano e della zizzania, che il Vangelo ci presenta in questa domenica, aiuta un po' a capire lo stile di Dio: fino alla fine, fino a quello che noi chiamiamo giorno del Giudizio, cioè fino a quando esisterà questo mondo, bene e male dovranno convivere. I malvagi, come i buoni, ci saranno sempre. Compito della Chiesa, e, quindi per ciascuno di noi, è quello di educare al bene, facendo innanzitutto riscoprire ad ognuno il bene che ha dentro di sé.

    La nostra è, dunque, una missione di speranza: senza illusioni o utopie, perché sappiamo che il male ci sarà sempre, ma con la forza che viene da Colui "che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". Educarci ed educare al bene: non è sempre facile, ma è quello che Dio ci sollecita a fare davanti al dramma della presenza della zizzania.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun lug 28, 2008 9:23 am

      • XVII domenica del Tempo Ordinario. 27 luglio 2008
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Dal primo libro dei Re 3, 5. 7-12
In quei giorni il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: «Chiedimi ciò che io devo concederti». E Salomone disse: «Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?». Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: «Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 28-30
Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.



Dal vangelo secondo Matteo 13, 44-52
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».




    • "Il Regno dei cieli è simile ad un tesoro"
    Ho visto per tanti anni l'impegno dei bambini e dei ragazzi nella "caccia al tesoro", durante il Grest: sudati, trafelati, sotto il sole cocente, di corsa per poter trovare, prima degli altri, una scatolina che, solitamente, conteneva caramelle. Certo, diventando adulti, ci si impegna per qualcosa di più: il lavoro, la carriera, la famiglia, il benessere, la salute... Ognuno di noi ha il proprio "tesoro" da ricercare con impegno, a costo di grandi sacrifici, rinunciando ad altre cose, proprio come succede ai due personaggi che ci presenta il Vangelo, i quali non esitano a vendere tutto ciò che possiedono per acquistare il campo del tesoro e la perla preziosa.

    Ci sarebbe allora da porsi subito la domanda: "quale tesoro cerchiamo nella nostra vita?" Per quale ideale siamo disposti a fare sacrifici e rinunce? Dio "ci ha rivelato in Cristo il tesoro nascosto e la perla preziosa", come recita la colletta di questa Domenica. Chissà se siamo disposti a correre e a sudare per conquistare questo tesoro!

    Certo, Gesù è un tesoro "in movimento": quando ci sembra di averlo raggiunto va un po' più avanti, così da farci percorrere un altro tratto di strada, quando ci sembra diventato interamente nostro ci accorgiamo che dobbiamo conquistare un altro pezzo. Ma quale gioia, quando arriviamo a "possederne" almeno un pezzetto! E che bello condividere questa gioia con tante altre persone che, insieme a noi, costituiscono la Chiesa.

    La nostra vita è dunque un cammino, durante il quale siamo chiamati ad acquisire Gesù, conoscendolo e frequentandolo, per aver parte a quella felicità che avrà il suo culmine in Paradiso.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 5:51 pm

      • XVIII domenica del Tempo Ordinario. 3 agosto 2008
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Dal libro del profeta Isaia 55,1-3
Così dice il Signore: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,35.37-39
Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.



Dal vangelo secondo Matteo 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.




    • "Gesù sentì compassione per loro"
    Davanti alle folle che lo seguono con insistenza, senza nemmeno preoccuparsi del cibo, Gesù prova la stessa tenerezza che una madre prova per il proprio figlio.

    La folla è notoriamente instabile, spesso cerca Gesù per i miracoli, per vedere qualcosa di sensazionale. Potremmo dire che la fede della folla è immatura, un po' simile a quella degli adolescenti, capaci di grandi slanci e di grandi tradimenti. Ma Gesù ama "visualmente" questa folla, che non è una massa informe, ma un insieme di persone, ciascuna con le sue ricchezze e le sue povertà, ciascuna con i propri bisogni e le proprie pene. Per questo il Signore rinuncia al suo "ritiro" lontano, in disparte, per "farsi prossimo" e guarire i malati e poi sfamare quei "cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini".

    La moltiplicazione dei pani e dei pesci, infatti, ci parla di un Dio vicino, che non si accontenta di discorsi molto belli, pieni di principi lodevoli, ma che finiscono per essere astratti e lontani: Gesù ci insegna che anche le esigenze materiali dell'uomo sono importanti, ci aiuta a non limitarci alla teoria, ma a chinarci concretamente sul bisognoso, per fargli sentire, attraverso la nostra premura, la premura di Dio.

    Il discepolo di Gesù cammina sulla stessa via del maestro: ognuno deve assumersi il compito che ci è stato affidato nel giorno del Battesimo e che non è solo una comoda adesione ad una religione consolatoria. Essere "profeti, re e sacerdoti" significa almeno tentare di trasmettere con le parole e con l'esempio quei valori stupendi che Cristo ci ha comunicato. La sua tenerezza, la sua compassione per le folle devono assolutamente rivivere in noi.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 5:56 pm

      • XIX domenica del Tempo Ordinario. 10 agosto 2008
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Dal primo libro dei Re 19,9.11-13
In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 9,1-5
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.



Dal vangelo secondo Matteo 14,22-33
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».




    • "Uomo di poca fede, perché hai dubitato"
    Vengono momenti, nella vita, nei quali ci sembra di essere sommersi da onde più grandi di noi, in balia del vento e dell'uragano. Deve essere stata questa la sensazione di Pietro quando, abbandonata la barca, si avvicina a Gesù camminando sulle acque: il Maestro è lì, vicino, ma Pietro si concentra troppo sul vento forte, si impaurisce e comincia ad affondare. Ci vuole la mano salvatrice di Gesù, che lo afferra e lo riporta sulla barca.

    Questo episodio ci parla delle possibilità inaudite dell'uomo, se solo si fidasse di Dio. Purtroppo spesso qualcosa interviene a minare questa fiducia, ad insinuare il dubbio che Dio non ci vuole bene, a sentirlo distante, disinteressato. L'uomo si ritrova, così, a contare sulle proprie forze, comunque abbastanza misere. E se già non è facile affrontare la vita quando si è certi dell’aiuto di Dio, immaginiamoci quanto sia difficile quando confidiamo solo su noi stessi!

    Eppure la tentazione, che fu di Adamo ed Eva, di dimenticarci dei suoi benefici, di tutto ciò che Lui ha fatto per noi in passato, dei doni che da Lui abbiamo ricevuto, del sostegno che ci ha sempre dato viene continuamente alimentata sia dalla mentalità comune (che guarda a Dio come ad un particolare superfluo o addirittura come ad un rivale nell'esercizio della libertà umana) sia dalla difficoltà di ricondurre alcune realtà della vita (morte, sofferenza,... ) al suo Amore.

    Forse anche noi ci aspettiamo qualche intervento miracoloso, o forse pensiamo di incontrare Dio nel "vento impetuoso, nel terremoto, nel fuoco". Dio invece, come al profeta Elia, si manifesta "nel sussurro di una brezza leggera", cioè nella quotidianità della nostra vita, in tante cose normali e perfino banali.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 6:01 pm

      • XX domenica del Tempo Ordinario. 17 agosto 2008
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Dal libro del profeta Isaia 56, 1.6-7
Così dice il Signore: « Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché prossima a venire è la mia salvezza; la mia giustizia sta per rivelarsi». Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saliranno graditi sul mio altare, perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 13-15.29-32
Fratelli, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti? Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!



Dal vangelo secondo Matteo 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». Ma quella venne si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.



    • "Donna, grande è la tua fede!"
    Gesù incontra una donna straniera, non ebrea, una Cananea appartenente alla stirpe degli antichi nemici del popolo d'Israele. E nemici non solo per via delle continue guerre, ma soprattutto perché dediti al culto degli idoli che tanta attrazione aveva sugli Ebrei, da portare alcuni loro re ad innalzare altari e templi alle divinità. "Cananeo" significa dunque peccatore, idolatra, persona esclusa dalla salvezza. È pur vero che anche Israele aveva le sue "pecore perdute": proprio a queste il Padre ha inviato Gesù.

    Il primo richiamo alla conversione e la rinnovata offerta di salvezza sono anzitutto per i "figli", i componenti del popolo eletto. Ma può restare circoscritta, limitata, questa salvezza? Può Gesù far finta di non vedere che una donna cananea dimostra di avere molta più fede in Lui che non tanti "maestri" del popolo d'Israele?

    La salvezza è per tutti, la vita di Gesù, fino al supremo sacrificio, è offerta per l'umanità intera. A tutti i popoli viene proposta dal Dio amore, che li condurrà sul suo monte santo e li colmerà di gioia nella sua casa di preghiera, come afferma il profeta Isaia nella prima lettura. La Chiesa, comunità della nuova alleanza ha proprio il compito di fare da tramite, di essere ambasciatrice presso l'umanità intera di un messaggio sconvolgente: Cristo è morto ed è risorto per la salvezza dell'uomo.

    Coraggio, dunque! Bando alla pigrizia e alla mancanza di entusiasmo: siamo chiamati ad edificare una "casa di preghiera per tutti i popoli". Ognuno porti il suo mattone.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » mar ago 26, 2008 6:08 pm

      • XXI domenica del Tempo Ordinario. 24 agosto 2008
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Dal libro del profeta Isaia 22, 19-23
Così dice il Signore contro Sebna sovrintendente del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno chiamerò il mio servo Eliakim, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua sciarpa e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un paletto in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 33-36
O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! "Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio?". Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.



Dal vangelo secondo Matteo 16, 13-20
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.




    • "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona"
    Ancora una "beatitudine", nel Vangelo, questa volta indirizzata a Simone, figlio di Giona, che, nell'occasione, riceve anche un nome nuovo, "Pietro", con il quale diventerà universalmente noto. Ma perché è "beato", l'apostolo Pietro? Perché ha saputo cogliere il senso della presenza di Gesù nel mondo, ha saputo vedere la realtà guardando oltre le apparenze.

    "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente", esclama Pietro in risposta alla domanda di Gesù: "voi, chi dite che io sia?" Certo, a Pietro resta ancora tanta strada da fare, dovrà vivere l'umiliazione del rinnegamento, dell'abbandonare il Maestro, dovrà sentirsi chiedere per tre volte "Simone di Giovanni, mi ami?", prima di dare la propria vita per il Signore, ma oggi lo contempliamo e lo immaginiamo in questo slancio di cuore, ispirato direttamente dal Padre celeste.

    Mi immagino un apostolo che scruta il suo Maestro, che si pone tanti interrogativi, che resta sconcertato davanti a tante manifestazioni di potenza (come il camminare sulle acque di qualche domenica fa), che cerca di capire. Ma i criteri umani non sono sufficienti di fronte a Gesù. Non servono "la carne e il sangue", occorre lasciare spazio all'azione del Padre, che rivela la profondità del mistero, Pietro.

    Tante volte testardo e ribelle, immagine di ognuno di noi, riesce a dire cose vere e belle quando si lascia guidare dall'Alto! È un segno, anche questo, che indica a noi la strada: dobbiamo trovare tempi di contemplazione per allenare il nostro spirito a riconoscere e accogliere l'azione di Dio e le sue ispirazioni nella nostra vita.
    • don Roberto Pandolfi
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 01, 2008 11:16 am

      • XXII domenica del Tempo Ordinario. 31 agosto 2008
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Dal libro del profeta Geremia 20, 7-9


Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!». Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 12, 1-2
Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.



Dal vangelo secondo Matteo 16, 21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni».




    • Gesù a pietro: «Va’ dietro a me, satana!»
    Dio ha scelto di salvare l’umanità condividendo la miseria dell’uomo. Gesù è il segno di questa solidarietà di Dio con noi: egli prende sopra di sé i nostri peccati, si sottomette al nostro destino di sofferenza e di morte, rinuncia a difendere e ad affermare se stesso, come si era sottomesso al battesimo di Giovanni e a Satana che gli proponeva la strada del successo, egli aveva risposto con l’obbedienza al Padre.

    Se ora Gesù apostrofa Pietro chiamandolo "Satana" il motivo è che Pietro, gli sta riproponendo la strada del tentatore: una strada di successo, che corrisponde certo alle attese umane, ma non al progetto di Dio.

    Nel Vangelo odierno, la rivelazione del futuro destino di Cristo, che sempre più configura il Maestro al "servo sofferente", c’è la parallela rivelazione dell’identità del discepolo che deve rinnegare se stesso, prendere la sua croce e seguire il Signore. Il vero discepolo deve cambiare il modo di pensare e affidarsi alla logica del Maestro. Significativa la parola del profeta (I Lettura), che ci riporta all’esperienza di Geremia, il quale, abbracciata la logica di Dio, si è visto emarginato, deriso e perseguitato; ma in questa esperienza la fedeltà alla sua vocazione esce rafforzata.
    • Luigi De Rosa
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun set 08, 2008 9:48 am

      • XXIII domenica del Tempo Ordinario. 7 settembre 2008
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Dal libro del profeta Ezechiele 33, 7-9
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 13, 8-10
Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.



Dal vangelo secondo Matteo 18, 15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».




    • "lo ti ho posto come sentinella"
    Le parole che il Signore rivolge ad Ezechiele rispecchiano molto bene un compito essenziale per il profeta: essere sentinella. Gesù riprende nel Vangelo questo concetto parlando della "correzione fraterna".

    Molto spesso ci si trova in imbarazzo quando si deve correggere una atteggiamento sbagliato. Si pensa di non trovare le parole giuste, di sbagliare il momento, si viene presi da improvvisi attacchi d'umiltà ("chi sono io per rimproverare un altro?), ci vengono in mente tutte le volte nelle quali ci siamo sentiti offesi perché qualcuno ci ha ripreso... Considerazioni comunque giuste, che dovrebbero spingerci non a tacere, bensì a trovare il modo e il momento giusto per fare la nostra correzione, ricordando che "se il tuo fratello ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello". D'altronde spesso il male ha come complice il silenzio di chi vede, ma fa finta di non vedere.

    Ma il rischio più grosso, anche per i discepoli di Gesù, è quello di tacere, di non correggere, nella convinzione che, in fondo, nulla è giusto e nulla è sbagliato in assoluto: tutti hanno un po' ragione e poi, in democrazia, è giusto che ognuno faccia quello che vuole!

    A parte l'errore fondamentale di confondere la democrazia con l'anarchia, questa concezione, oggi molto diffusa, è figlia di quello che il Papa chiama "relativismo": esistono solo opinioni e non un verità. E le opinioni hanno tutte lo stesso valore. La mentalità comune tende quindi a giustificare tanti comportamenti sbagliati, magari anche con l'idea che "io non lo farei mai, ma se uno lo vuoi fare ne ha il diritto". Caso eclatante è quello dell'aborto. E da un po' ci si sta provando con l'eutanasia. Sentinelle, è tempo di rafforzare la guardia!
    • don Roberto Pandolfi
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      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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