Riflettendo che ... nulla è xcaso

Riflessi di lago, specchio di un’anima…

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Messaggio da miriam bolfissimo » lun dic 04, 2006 3:20 pm

  • "Camminarsi dentro", alla ricerca della nostra anima
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Cosa vuoi dire camminarsi?

Non camminare ma camminarsi.

Noi di solito camminiamo attorno a noi stessi. Rischiarne anche di andare fino a Compostela o in Terra Santa. Non è difficile camminare, è solo impegnativo, mentre è molto difficile camminarsi dentro, perché strano, inconsueto, fuori moda.

Fare footing dentro l'anima potrebbe essere un nuovo tipo di sport da suggerire? Chi di noi vorrebbe camminarsi dentro fino ad arrivare a scoprire la propria anima? Eppure, se non faremo questo tentativo non cambieremo mai. È l'unica avventura che rende l'uomo degno di se stesso, che darebbe un po' di sale e di lievito all'evangelico verbo: cercate. Però... c'è un però!

Per arrivare fino all'anima dovremmo fare un discreto lavoro di pulizia. Per dirla in modo artigianale, dovremmo buttare fuori tutti quei pezzi di mele marce che teniamo gelosamente nascoste...

Più volte abbiamo dato un nome alla parte marcia di noi: Caino, droga, spaccio, alcool, prostituzione, ipocrisia, potere, danaro, ... Fare gesti talmente forti da rovesciare le cose insormontabili (almeno secondo l'opinione pubblica) per riscoprire la francescanità evangelica, avrebbe del miracoloso.

Riandare ad Assisi per una spogliazione genuina, facendo arrabbiare i Pietro di Bernardone moderni non sarebbe solo un gesto teatrale.

Se riusciremo a camminare dentro di noi, scopriremo un'altra cosa ancora: quanto sia liberatorio il pianto.

Da questo mondo è scomparso il pianto sincero. Sono rimasti i pianti isterici, le lacrime fasulle, le paranoie. Il pianto, quello che sgorga da chi sta "camminandosi" dentro, vale un nuovo battesimo, una resurrezione.

Un aiuto serio al nostro cammino intcriore lo potremmo ottenere facendo un quarto d'ora di silenzio al giorno. È nel silenzio che sgorgano vibrazioni che noi avevamo sepolto - oltre la mela marcia - nella confusione, negli egoismi, nei doppi giochi e nel fariseismo che ha accompagnato e accompagna troppi momenti della nostra quotidianità.

Ma c'è altro... "Camminandosi" dentro potremmo sperimentare una nostalgia di semplicità: è quella che sopraggiunge tutte le volte che iniziamo un'operazione di smontaggio delle maschere che hanno complicato e complicano la nostra vita. Chi è normale la indossa ogni tanto, chi è "speciale" la sostituisce alla prima.

Se cammineremo con molta convinzione dentro di noi, smonteremo questi meccanismi infami e toccheremo con mano l'anima della nostra anima.

Solo dopo questa pulizia potremo scoprire le radici di noi stessi: perché siamo nati, dove andremo, quali strade percorreremo, quale senso vorremo dare alla nostra esistenza... Potremo assaporare la fragranza dell'interiorità e capire dove è cominciata la nostra vita e dove giungerà. Siamo nati dal seno del Padre e ritorneremo alla fine della nostra vita nel seno del Padre.

Questo atipico Natale faccia che il nostro Dio sia contemporaneamente padre e madre.
  • don Antonio Mazzi
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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miriam bolfissimo
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Messaggio da miriam bolfissimo » lun dic 18, 2006 2:40 pm

  • Il Natale con occhi nuovi
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Il Vangelo di Luca racconta l'evento che ha cambiato il volto della storia.

In quel tempo Maria e Giuseppe, ubbidendo al comando di Cesare Augusto che ordinò il censimento della popolazione di tutto l'Impero, partirono per le loro città d'origine. Giuseppe dovette così risalire da Nazaret a Betlemme con la sua sposa Maria, percorrendo, lui a piedi e lei, in stato di avanzata gravidanza, a dorso di mulo, ben 150 km di distanza. Un viaggio accidentato pervie sconnesse, polverose e sassose.

Dopo giorni di faticoso cammino finalmente arrivano alle porte di Betlemme, un villaggio adagiato sul pendio di una collina in Giudea.
Il sole stava calando e con gli ultimi raggi indorava le cime delle colline circostanti e la notte si avvicinava con tutti i suoi perché.

«Mentre erano là si compì il tempo in cui Maria doveva partorire». Gravi erano le preoccupazioni di Giuseppe e più ancora quelle della sua sposa. Il buio era ormai fitto. Giuseppe, al corrente del grande segreto, si dava da fare per bussare alle porte che gli davano speranza d'alloggio per tutti e due.

«Per loro non c'era posto nell'albergo» né in qualsiasi altra casa. Non restava che rifugiarsi in una delle tante grotte presso il villaggio. E così fu.

«Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia». Il Figlio di Dio lascia il suo Paradiso e, prendendo carne umana, scende sulla terra con un atto d'amore infinito per la salvezza dell'umanità che non l'accoglie, ma gli chiude freddamente la porta in faccia. Dovrà accontentarsi di una misera grotta.

L'estrema generosità del Redentore e la dura ingratitudine dell'umanità s'intrecciano nella grotta che ospita Gesù.

La grotta è la natura che si apre per la vita degli animali e spesso anche per gli uomini: spesso si muta in rifugio.

Mi viene da pensare che il mondo è un'immensa grotta o meglio una povera stalla che diventa Paradiso se sa accogliere Dio.

Quanti poveri vivono nelle grotte o nelle capanne di paglia e frasche insieme ai loro animali... Ne ho visti tanti, troppi, girando per i vari continenti ed ho provato un senso di profonda commozione.

Aveva ragione l'Abbè Pierre quando ai parlamentari francesi gridava: «La miseria impedisce di essere uomini» e Raoul Follereau gli faceva eco dal deserto africano: «Un cuore che non reagisce davanti alla miseria, è un cuore miserabile».

Per Natale accogliamo questo Bambino Divino.

Apriamogli le porte delle nostre case, ma soprattutto delle nostre anime.

È Gesù che bussa, che arriva e chiede ospitalità.

Se lo accogliamo la nostra povera stalla diventerà un angolo di paradiso.

I primi ad adorare Gesù furono i pastori che, dopo aver udito l'annuncio dell'angelo, corsero alla grotta senza indugio. Sono lì in ginocchio, commossi, devoti, felici di ascoltare un canto di pace: «Gloria a Dio e pace agli uomini».

La pace biblica significa benessere, prosperità, gioia, giustizia, vita, amore, salvezza. Mentre vediamo i fortunati pecorai, testimoni e messaggeri, immobìli di fronte alla Grotta e con lo sguardo fisso sul tenero Neonato ci viene da ricordare l'ammonimento di Francois Mauriac: «Non lasciamo spegnere la fiamma ardente di questa pace aaccesa dal Cristo a Betlemme».

Buon Natale!
  • (fra Ugolino Vagnuzzi)
      • Io voglio amare soltanto per Te tutto quello che amo... (santa Teresa di Lisieaux)[/list:u][/list:u][/list:u]

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